About The Zombie Bride

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Una non morta appassionata di orrore.

mercoledì 23 novembre 2011

Il figlio ritrovato

Collezionava giornali da una vita, o almeno da quando suo figlio non era morto in un incidente d'auto.  Aveva amato, odiato, compatito e compreso ognuna di quelle persone di cui aveva ritagliato la storia ed il viso.
La sua famiglia era composta da ritagli di giornale e la sua vita era resa completa dalle storie di tutti questi adorabili estranei.
Il giorno del suo settantesimo compleanno lesse di un uomo, la cui identità era rimasta sconosciuta, al quale avevano dovuto amputare due gambe in seguito ad un incidente.
Gli volle immediatamente bene ricordandole questo suo figlio. Decise così di partire alla volta del paese in cui si era svolta la vicenda per andare a trovarlo.
Sebbene fosse anziana, non fu spaventata dal dover prendere diversi mezzi di trasporto per raggiungere il paesello in cima ad una montagna. Non sapeva nemmeno con esattezza in quale ospedale avrebbe trovato il povero mutilato ma, era convinta più che mai di voler affrontare l'impresa.
Raccolse qualche abito in un piccolo borsone e partì.
Arrivò al paese in serata e si diresse subito verso l'ospedale più vicino. lì le dissero che l'uomo che stava cercando si trovava in un ospedale a qualche km di distanza dal paese.
Un uomo, vedendola così anziana e stanca, si offrì di accompagnarla e lei accettò.
In auto lei parlò dell'affetto che provava nei confronti del degente che andava a trovare e del dispiacere provato nell'aver appreso del suo incidente. Si qualificò come una lontana zia.
Dentro di sé provava un misto di emozioni : paura, ansia, felicità e amore.
Arrivò all'ospedale che ormai erano le 22. L'uomo le disse che probabilmente non l'avrebbero fatta entrare così tardi ma, la donna, consapevole che i suoi capelli bianchi l'avrebbero aiutata, entrò ugualmente.
Si presentò alla reception e chiese dello sfortunato paziente. l'infermiera non ebbe cuore di mandarla via e così l'accompagnò nella sua stanza.
Il pover'uomo giaceva nel letto collegato a mille macchinari e flebo in stato incosciente. la vecchia pianse nel vederlo in quello stato e chiese se si sarebbe potuta fermare a vegliarlo finché non fosse stato meglio.
L'infermiera chiamò il medico e questo, quasi ammaliato dall'anziana signora, le accordò il permesso. passarono diversi giorni in cui la vecchia si allontanava dal capezzale unica,ente per cibarsi e andare in bagno.
Una mattina il medico entrò nella stanza
-Signora, pensavo che il nostro paziente non ha più motivo per restare qui in ospedale. Peggiorare non può, speriamo in un miglioramento. Perché non lo porta a casa con sé visto che nessun altro si è presentato? Non dovrà occuparsi di molto, le infermiere le potrebbero dare le giuste istruzioni..-
-Certamente! Il mio tesoro ha bisogno di aria di casa. Sono certa che lì starà meglio.-
Così la donna ed il paziente furono portati a casa da un'ambulanza il giorno seguente.

La vecchia si prendeva cura dell'uomo, al quale aveva dato il nome di suo figlio.
Passò un mese ed infine l'uomo, contro ogni previsione, si svegliò.
era confuso, terrorizzato ed incredulo -Che ci faccio qui? Dove sono le mie gambe? Lei chi è? Cosa vuole?-
-Ragazzo mio finalmente!!! Non ci speravo più e invece...eccoti! Sei sveglio!-
L'uomo gridò ancora -Chi sei tu!!!!!! Perché sono qui?!-
-Non agitarti. Io sono la tua famiglia tesoro. Mi sono presa cura di te in tutto questo tempo. Non ti abbandonerò mai, non preoccuparti.-
-La mia famiglia? Io ce l'ho una famiglia e sono mia moglie e mia figlia!!! Me le faccia chiamare, saranno preoccupatissime!!-
-Chi? Oh no tesoro, sono IO la tua famiglia. Loro non c'erano in ospedale!!!! C'ero solo io. Quella puttanella di tua moglie sarà già a farsi sbattere da qualche altro uomo ora. Dimenticala!-
Detto ciò si alzò senza ascoltare nessuna replica e lo lasciò solo nella sua stanza a piangere e gridare.

Passarono altri due giorni in cui l'uomo rifiutava il cibo che la donna gli portava.
-Figlio mio, perché fai così? Cosa ti ho fatto di male?!-
L'uomo aveva anche cessato di parlare.
L'anziana donna pensò allora che lo avrebbe riconquistato con un bel regalo e così uscì.
L'uomo rimasto solo in casa pensò che quello sarebbe stato un ottimo momento per raggiungere il telefono e allertare sua moglie. Si lasciò scivolare giù dal letto e rimase qualche istante immobile per il dolore. Dopodiché strisciò per tutta la casa in cerca di un telefono. Lo trovò solo qualche minuto più tardi nella stanza della vecchia folle. Rimase sbalordito dalla quantità di giornali presenti in quella stanza e ancor più dalla presenza di ritagli attaccati ai muri e alcune volte incorniciati. Riuscì a tirar giù il telefono dal comodino e compose il numero.
-Amore AMORE sono io!!!! Aiutami ti prego..una pazza mi ha preso in ostaggio. No amore, non sono fuggito. ti scongiuro manda aiuto. Visualizzi il numero dal quale ti chiamo sul tuo telefono? bene..da questo risaliranno alla posizione. amore ti prego sbrigat...-
Non fece a tempo a terminare la parola che fu colpito alla testa dalla vecchia.
-Traditore! Ingrato! E' così che tratti tua madre che per giorni non ha fatto altro che pulirti il culo e darti da mangiare?!-
Lo colpì ancora e ancora finché il poveretto non giacque morto sul pavimento.
Dopo qualche istante di sgomento la vecchia si riprese. Lo afferrò per le braccia e lo trascinò a letto.

La notte seguente arrivò la polizia che dopo aver buttato giù la porta si precipitò alla ricerca dell'uomo.
Entrati nella stanza trovarono il giovane disteso nel letto con il cranio devastato e la vecchia seduta al suo fianco con in grembo un album pieno di ritagli di giornale.

Elodie

Era un’estate molto calda quella, talmente tanto calda che la gente se ne restava in riva al mare fino a sera inoltrata.
Era un’estate di castelli di sabbia, bagnini, animatori super-pagati, venditori ambulanti e massaggiatori da spiaggia.
Le persone rintronate dal caldo avevano perso un po’ della loro ricettività. Fu proprio in quell’estate che la piccola Elodie fu travolta da un auto mentre si trovava sul lungomare, senza che l’autista se ne accorgesse.
Al funerale la gente si presentò in prendisole e costume. Il primo caso di funerale in cui anche il prete abbandonò il suo lungo abito per un paio di calzoncini e una maglietta bianca della salute. A metà funzione la chiesa era semivuota. A fine messa non c’era più nessuno.
Passò una settimana in cui la gente parlava di Elodie sotto gli ombrelloni, in riva al mare e persino la sera tornando a casa. Poi più nulla.
Un paio di settimane dopo il caldo fece la sua seconda vittima. Jules, il figlio del macellaio,che per un colpo di sole si schiantò con la sua auto a pochi metri dal luogo in cui era morta Elodie. Due giorni dopo fu il turno di Marie, fidanzata di Jules, trovata inspiegabilmente morta sempre lì, sul lungomare. Il giorno dopo morì Antoine e poi toccò a Virginie. I 4 ragazzi erano tutti amici e così si optò per un funerale unico.
La funzione si svolse di sera, per ovviare al caldo canicolare. La gente tornava lentamente dal mare e si dirigeva verso la chiesa. Sembravano un triste branco di non morti. Entrarono tutti in chiesa e la funzione iniziò.
A metà messa la terra tremò. Le bare caddero e si aprirono lasciando cadere i corpi dei 4 giovani. Il caldo divenne insostenibile e la gente tentò di uscire dalla chiesa ma, le porte erano roventi ed impossibili da aprire. Il soffitto cominciò a creparsi e la gente urlava in preda al panico. D’improvviso sull’altare apparve la piccola Elodie. La bimba rideva  e più lei rideva più la terra tremava. Il caldo divenne terribile. Elodie piegò la testa da un lato e fissò lentamente tutti i presenti che avevano cominciato ad accorgersi della sua presenza. I vestiti di alcuni presero fuoco. Il prete continuava a pregare quando Elodie lo raggiunse e con un ghigno gli strappò la testa dal collo. La chiesa stava diventando un enorme rogo. le grida dei presenti si mischiarono ai lamenti di quelli che bruciavano. Una donna cercava riparo nella sagrestia ma, Elodie le balzò addosso e spezzò tutte le sue ossa in un baleno. 
Erano quasi tutti morti quando il terremoto cessò. Elodie camminava lungo la navata calpestando i cadaveri ed ignorando la gente in fin di vita. Arrivata all’entrata si voltò “Non mi avete aiutata, non mi avete vendicata e non mi avete onorata nemmeno nella morte. Ora, morite e smettetela di invocare il vostro dio che oggi qui non c’è”.
La bambina scomparve e la chiesa tornò a creparsi e a tremare. In pochi istanti crollo tutto e le macerie furono inghiottite dalle fiamme, così come i corpi di tutti i cittadini. 
Il mattino seguente il paese era vuoto e silenzioso. Il caldo era cessato lasciando il passo ad un fresco autunno. Un autunno che nessuno più avrebbe visto.

Denti

  • Era da qualche tempo che provavo immenso dolore ogni volta che mangiavo o mi lavavo i denti. Mi sembrava che qualcuno mi prendesse a martellate la dentatura.
    Esaminavo il mio cavo orale di continuo. Le gengive sanguinavano e qualche dente dondolava…SI, DONDOLAVA.
    Il dentista non comprendeva la natura di questo “dramma”. Trapanava un po’ qui, tamponava un po’ la ma, nulla, i denti continuavano a dondolare e le gengive a sanguinare.
    Una notte mi svegliai urlando : Un dente era caduto alla fine. Faceva così male che non riuscivo a smettere di piangere. Mi trascinai in bagno per sciacquare via il sangue dalla bocca. Ne approfittai per esaminare il resto della dentatura e, con immenso dolore e tristezza, altri due denti caddero.
    Tornai dal dentista che mi disse che stava accadendo un caso strano. I denti cadevano perchè sotto ce n’erano altri che cercavano di uscire. Un caso assurdo, non pensate? Alla mia età i denti da latte erano caduti da un pezzo! Però, devo ammettere, che da un certo punto di vista mi sentivo sollevata! I miei denti erano sì caduti ma, presto ne avrei avuti dei nuovi!
    Nel giro di un mese i miei denti erano tutti caduti. Mi misi in malattia a lavoro e mi chiusi in casa ad attendere che i nuovi denti apparissero. Li sentivo premere fortissimo e capii che non ci sarebbe voluto molto prima che uscissero.
    Cominciarono terribili mal di testa in quel periodo. Perdevo ciocche di capelli e i peli sul corpo non crescevano più. Andai da un medico che volle subito ricoverarmi. Nel giro di 3 giorni non avevo più capelli né peli ma, i denti invece stavano uscendo allo scoperto.
    Quando finalmente la crescita cessò, presi coraggio e li guardai allo specchio. Orrore! Erano storti, appuntiti ed enormi! In quel momento qualcosa in me cambiò.
    Mi nascosi sotto il mio letto in preda alla fame e alla rabbia. Passò qualche istante ma poi entrò l’infermiera.  Ricordo che potevo sentire il suo sangue pulsare nelle vene. Così non appena si avvicinò al mio letto, l’afferrai per le caviglie e la trascinai sotto il letto. Passò qualche minuto in cui lei mi fissava con occhi e bocca sbarrata per lo spavento. non riusciva a dire nulla, era paralizzata dalla paura. Provai pietà per qualche istante ma, non durò. L’addentai. le strappai ogni parte del viso, ne succhiai il sangue per poi passare al resto del corpo. mangiai tutto di lei.
    Scappai dalla finestra e per quanto mi cercassero, nessuno riuscì più a trovarmi.
    Oggi vivo nelle fogne ed esco solo a notte fonda per mangiare qualche mal capitato. In me c’è ancora qualcosa di umano, lo sento ma, non è abbastanza.
    Mangerò, mangerò ancora…mangerò anche voi, quindi è inutile che vi chiudiate bene in casa perchè io….io vi troverò.

Infezione

C’è che comincia così. Tu non puoi fermarla. ti prende dentro, come un’infezione. Non combatterla, ti toglierebbe solo altre forze.
Io prima di essere colpita da questa disgrazia, ero una donna come tante altre..intrappolata in una vita noiosa, con un lavoro precario, un uomo disinteressato e un mutuo da pagare.
Ma quanto la rimpiango ora quella vita.
Quindi un giorno mi sono svegliata e la mia vista era peggiorata. la mia pelle cominciava a prendere nuove tinte, troppo chiare. I miei capelli un tempo colorati di un rosso intenso, sembravano in quel momento di un biondo tenue.
Andai dal dottore che non seppe rispondere ai miei quesiti, né seppe spiegare la ragione di tale cambiamento.
Mi disse -lo accetti. Non sembra essere nulla di ricollegabile alla salute. Sta semplicemente accadendo.-
E io, con rammarico e rassegnazione, accettai tutto, anche quello che avvenne dopo.
Una mattina mi alzai e la mia pelle era talmente chiara che era possibile vedere  tutte le mie vene, anche le più piccole. I capelli erano caduti e i miei occhi stavano diventando lentamente bianchi.
Mio marito mi disse che non poteva vedermi ridotta così, che faceva più male a lui che a me e blablabla. Insomma, se ne andò.
Mi sentivo infinitamente sola, spaventata e confusa. Non uscivo più di casa e tutto quel che avevo me lo portava mia madre direttamente in casa.
E poi, un giorno..
Non avevo aperto nemmeno le serrande, me ne stavo al buio per paura di vedere la mia immagine riflessa. Mi sentivo diversa.
Mia madre entrò in casa lamentandosi del troppo buio, dell’aria viziata etc. Aprì una finestra alla volta, fino ad arrivare in camera mia.
Aprì anche quella.
e.. - Dove sei Monique?!-
Esatto, io non c’ero più. O almeno, c’ero ma nessuno mi avrebbe mai più vista.
Succede amici miei, succederà a tutti voi, sappiatelo. Diventerete invisibili.

Ascoltare

“Ho sempre ritenuto che il saper ascoltare fosse alla base di ogni rapporto. Ogni singola relazione è basata sulla comunicazione ma, non prendiamoci in giro, c’è sempre nella coppia uno che parla e l’altro che ascolta. Io ascolto. O meglio, ascoltavo. Poi ho compreso di esser io stessa in grado di saper parlare. Ma era troppo tardi. Avevo abituato il mio compagno ad essere lui quello della coppia che parla e così, un bel giorno, ho deciso che avrei tagliato la sua lingua. E l’ho fatto, dio mio se l’ho fatto. Il problema è che all’inizio, quando tagli una lingua, non sei conscio dei rischi che corri. Vedi, quando ti tagliano la lingua tu cominci a sanguinare e sanguinare e, sfortunatamente, muori in breve tempo. E così fu. Il mio compagno morì e io non potei parlargli di quello che desideravo. Ho avuto altre storie, certo. All’inizio il rapporto era abbastanza equo. Comunicazione bilaterale. Una persona comune esclamerebbe - WoW- ma, io desideravo essere quello della coppia che parla. Un’ossessione, lo ammetto. Però andava così. Io desideravo essere ascoltata e basta. tagliai altre lingue ma, non riuscivo a fermare il sangue. Un giorno decidi di acquistare uno di quei libroni di medicina, sai..quei tomi altissimi e dall’apparenza noiosa. Ma grazie a quel libro, imparai a cauterizzare al meglio una ferita. Fu in quel periodo che incontrai Ben. Dolcissimo, attento e…taciturno. Era tutto dannatamente perfetto ma, un giorno, decise di voler comunicare con me. Quale migliore occasione per sperimentare ciò che avevo imparato? Così, mentre il mio dolce Ben dormiva, lo immobilizzai. Tagliai la sua lingua con cura e lui non fece molta resistenza (poverino, era così spaventato). Quando lo slegai, rimase steso in lacrime tentando di dire qualcosa. Ovviamente non riuscì a proferire parola, giusto qualche mugugno. Però il caro e quieto Ben fece qualcosa che mi ferì tantissimo. Eh si, tentò di fuggire. Dovetti quindi rincorrerlo e spiegargli che il suo non volermi ascoltare mi feriva profondamente (oh non hai idea quanto ci stessi male) ma, lui sembrò non capire e ci riprovò. Dovetti ucciderlo. E non mi piace uccidere le persone, sai? Ed ecco perchè oltre alla lingua, tu non hai più nemmeno le tue amate gambe e le tue belle braccia. L’ho fatto per te, per me, per noi. Ehi! Non mi piace il modo in cui mi guardi! Cristo..dovrò fare qualcosa di imprevisto dato che continui così.”
Esce dalla stanza. I pensieri di lui corrono veloci. Le lacrime non tardano ad arrivare quando capisce cosa sta per accadere. E no, non è la morte che lo attende.
Lei rientra nella stanza e non a mani vuote.
“Ecco. ora sta fermo però. Non vorrai mica che ti danneggi altro mentre ti strappo via gli occhi.”

Il migliore amico

Chiunque abbia detto che l’amicizia è difficile da distruggere, si sbagliava.
Una mattina come tante cominciava. Bianca si alzava e inviava un sms al suo migliore amico.
Non ricevendo risposta, si alzò, fece colazione, si fece una doccia e cominciò a ripassare per l’esame. Ma continuava a fissare il cellulare in attesa di un segno dii vita, che però non arrivava.
Pranzò e poi inviò un nuovo messaggio, sempre a lui.
Bianca aveva un disperato bisogno di lui. Si fidava di lui e dopo quello che le era capitato, necessitava che lui le stesse vicino.
Purtroppo non arrivò risposta nemmeno a quel messaggio.
Bianca lo chiamò più volte e lui non rispondeva. Era ormai sera e lei era molto stanca cos’, dopo aver mandato l’ultimo messaggio, andò a dormire.
Il giorno dopo successe di nuovo la stessa cosa. E così il giorno dopo ancora ed ancora.
Dopo una settimana bianca si recò a casa del suo amico per avere spiegazioni. I suoi occhi erano colmi di lacrime e rabbia. Rossi come non mai.
Suonò al campanello, lui aprì. Guardò Bianca e rabbrividì. Lei lo spinse dentro e si chiuse la porta alle spalle.
-perchè sei sparito?? perchè?-
-Avevo da fare Bianca. su dai..non comportarti così! Io voglio bene a tutti, lo sai!-
- Chi è amico di tutti in realtà non è amico di nessuno. stronzo!-
E detto questo tirò fuori dalla borsa un pugnale e lo conficcò nella gola del suo amico. Li barcollò per poi cadere a terra in preda a violenti spasmi. Bianca, dopo aver estratto il pugnale dalla gola del ragazzo, lo pugnalò nuovamente. Si accanì su tutto il suo corpo con una ferocia spaventosa.
Quand il ragazzo smise di respirare, lei sorrise e gettò in terra il pugnale.
- Tutti così, tutti così. Voi fate gli stronzi e a me tocca uccidervi e poi scappare. Devo anche cambiare nome ogni volta. Tutto perchè non siete in grado di comportarvi come dovreste.-
Andò in bagno, si lavò le mani e il viso e prese il cellulare. Mandò un sms e se lo rimise in tasca.
Qualche ora dopo il cellulare suonò. nuovo messaggio.
-Va bene! Sono così eccitata all’idea di partire con te. So già che saremo ottime amiche..MIGLIORI AMICHE.-

Bang

Mi convinsi che tutto quello che avevo visto non poteva essere vero. Mi spaventava la sola idea che..che…si, ecco che tutto ciò fosse realmente accaduto.
Solo ieri vivevo una vita regolare, quasi noiosa oserei dire. Un marito, due figli, un lavoro, una casa da mandare avanti..e poi? E poi QUESTO.
Stanotte io li ho visti morire.
Prima Alan. Alle 3e34 è stato aggredito da…quelle cose…
Poi Jade che mi è stata strappata dalle braccia e..giurerei di aver visto quesi mostri mangiarla.
Ed infine Martin, in giardino, fermato mentre tentava di fuggire. E, ovviamente, dilaniato pochi istanti dopo.
Però come già detto, mi ero convinta che tutto qusto non fosse accaduto realmente..fino ad ora.
Vi scrivo mentre una di quelle cose mi sta lentamente divorando una gamba…il bastardo se la sta spolpando ben bene.
Io credo di essere impazzita subito dopo aver realizzato che i miei bambini sono stati divorati da..zombie?
Non sento più dolore. Ma ora smetto di scrivere. Ne stanno arrivando altri e io non posso attendere.
Arrivederci.
BANG.

La bambola

Midy teneva stretta al petto la sua bambola, Nancy. Le era stata regalata da un parente lontano in occasione della sua nascita. Si potrebbe dire che la bambola era cresciuta con lei.. o viceversa? Poco importa.
Quella bambola aveva tenuto compagnia alla piccola Midy in tutti i momenti più difficili della sua breve esistenza : dalla morte della madre al matrimonio del padre con un’altra donna. Inutile precisare che l’altra donna in questione fosse una donna priva di sentimenti e che poco aveva di materno.
Midy stringeva la sua bambola ogni volta che quell’orribile donna la torturava, psicologicamente e fisicamente.
Venne una notte in cui il padre di Midy si era assentato per lavoro e la matrigna era rimasta sola con la piccola bambina..e la sua bambola.
Si sedettero in tavola e la mostruosa donna notando che Midy non abbandonava la sua bambola nemmeno in quell’occasione, l’afferrò per i capelli trascinandola verso il caminetto, poi si fermò davanti al fuoco, le strappò la bambola dalle braccia e la gettò nel fuoco.
Dopo qualche istante il fuoco si spense e dalle ceneri venne fuori una bambina con delle forbici in mano. La donna indietreggiò ma fu prontamente raggiunta dalla bambina di cenere che le conficcò le forbici nello stomaco. Creò una voragine talmente grande nel ventre della donna che tutti gli organi furono visibili.
Terminata la sua vendetta, si voltò e lentamente si diresse verso Midy. Gettò le forbici e si raggomitolò tra le braccia della bambina.
Quando la mattina seguente il padre tornò trovò il cadavere della donna e la piccola Midy che stringeva la sua bambola che in quel gelido mattino sembrava avere un sorriso diverso dal solito..quasi umano.

Dead at 24

E con le braccia la strinse, con le labbra la baciò e con i denti la morse..e la morse ancora.
Le urla di lei risuonarono potenti nella notte. Ma lui non smise e non smise nemmeno quando la testa di lei ormai penzolava da un lato.
Ne assaggiò ogni parte del corpo e lei ormai non esalava più neanche un respito.
Mentre lui concludeva il suo atroce pasto, la morte venne e la prese con sé.

Gnaw

E tutto quello che lei sapeva era che in quel momento aveva bisogno di fare l’amore con lui, che aveva si 20 anni più di lei ma, che era l’unica persona a farla sentire viva.
Anche se era conscia del fatto che poi lo avrebbe ucciso e ne avrebbe mangiato le carni.

Legate

-Ma tu cosa credi che sia l’amore ? Quando ci penso mi vengono in mente immagini come quella di due persone sedute su una panchina vicino al mare, lì che si godono il tramonto in silenzio tenendosi per mano. Ecco, l’amore per me si può sintetizzare in quell’immagine. Il sole che si ricongiunge con l’orizzonte, che si unisce a lui inevitabilmente come le mani dei due intrecciate per sempre. Mia? mi ascolti?-
-Si..un pò..quindi ora mi tieni per mano perchè mi ami? è a questo che volevi arrivare?-
-Mia che t’amo lo sai, da sempre. Legate per la vita e non solo.La vedi quella stella? ecco è lì che ti voglio portare…-
-Shhhht Noemi.. non parlare.. sta arrivando. Stringi la mia mano più forte..andremo su quella stella, promesso. Ma ora non parlare.-
Volse la testa e lo vide in piedi accanto a Noemi, con l’ascia in mano. Chiuse gli occhi.
Le fece a pezzi senza esitare e con una brutalità tale che ad opera terminata restò ben poco delle due giovani donne.
Lì, su quella distesa verde vennero ritrovati i loro resti e la cosa che più toccò il cuore dei presenti fu la scoperta delle due mani ancora intrecciate.

Ferite

La morte è così dolce quando sopraggiunge a liberarti di un peso che t’opprime l’anima.
Questo era stato il pensiero di Camille che lentamente affondava la lama nella sua carne, arrivando talmente in profondità da condannarsi al dolce supplizio.
Non sopraggiungendo subito la morte, Camille decise di infierire amabilmente sul resto del suo corpo, a cominciare dal viso. Si amputò con cura parte delle orecchie e la punta del naso. Passò alle labbra e poi alle guance pallide. Sulla fronte incise una “M”, simbolo della sua onta.
Ma la morte non arrivava e così passò alle gambe dalle quali portò via pezzi di carne qua e là. E poi ai piedi, ai quali amputò le dita, una per una.
Il dolore non tardò a sfinirla. Camille poggiò la testa sul bordo della vasca in attesa della liberazione. Nel frattempo, tenendo gli occhi chiusi, pensava a lei, Marine, alle sue labbra rosse, ai suoi occhi ed al suo sorriso. Marine..Marine..così bella e così folle. Ucciderla era stata l’unica via per liberarsene..eppure in quel momento di pura follia, la sentiva più vicina che mai.
Aprì gli occhi e si trovò faccia a faccia con lei.
Camille pensò allora d’esser finalmente morta e che quello fosse il suo inferno. Così sotto gli occhi vitrei e fissi di Marine piantò la lama nel suo ventre e sentendo ancora dolore capì di essere ancora nel mondo dei vivi.
Marine le indicò lo specchio e camille vi guardò la sua stessa immagine riflessa. Era ridotta in un tale stato che nemmeno gli occhi di una madre avrebbero potuto sfiorarla senza rabbrividire. Marine si chinò il più vicino possibile al suo orecchio e le sussurrò qualcosa. Poi con un sorriso beffardo sparì nel buio del corridoio.
Camille come impazzita riafferrò la lama e continò a colpirsi ovunque finchè non fu quasi a brandelli. Gettò la lama a terra e gridò, gridò con tutta la voce che aveva in corpo.
Nessuna punizione sarebbe stata peggiore di diventare immortale in un corpo che non sarebbe mai più guarito.

Mira

-Ti ho già detto che ti amo oggi? No? Beh ma tanto lo sai vero Mira? Io sono una piccola donna..ma l’amore che provo per te è grande, grandissimo. Si Mira..si hai ragione..oggi non ti ho nemmeno spazzolato i tuoi bellissimi capelli. Come dici? Oh Mira…non essere gelosa! Sei così buffa quando ti arrabbi! Mira ti amo..ti amo dai..-
-C’è nessuno?-
-Shhht! Hai sentito? un cliente! Oh Mira come mi trovi? E i capelli??Sono in ordine?? SI ECCOMI SONO SUBITO DA LEI! Mira hai sentito? Un cliente!!-
-Salve signorina..Cercavo bambole di porcellana..ne vendete?-
-Certo! Mi segua nell’altra stanza-
-Oh ma cosa vedo lì? Vi occupate anche di giocattoli “dell’orrore”? sembra così realistico quello scheletro..-
-Mi perdoni. Non mi sembra educato da parte sua prendersi gioco della magrezza delle persone. nessuno le fa notare quanto sia sovrappeso spero!-
-Ahaha il senso dell’umorismo è fondamentale signorina. Ma quanto chiede per quello scheletro?è stupendo..potrei fare uno scherzo ai miei figli..-
-Quello “scheletro” è la mia fidanzata signore!- -Come dici Mira? Si Mira..hai ragione-
-Scusi ma cosa fa? Signorina perchè mi fissa  così? No la prego..LA PREGO! AHHH-
-Oh. vedi Amore mio…certa gente non sa proprio cosa sia l’educazione. Va..la vuoi una tazza di thè?-

Can You Hear me?

Quando fuori piove è sempre molto piacevole raccogliersi su una poltrona a leggere un buon libro e magari sorseggiare un bicchiere di vino. Questo almeno è quello che amava fare May.
Viveva da sola in una piccola villetta immersa nel verde,a qualche km dalla città.Era una persona abbastanza solitaria, amante dell’arte e dedita a questa.Era una scrittrice con l’hobby della pittura. E quando fuori pioveva, May, ne approfittava per leggere e cercare nuove ispirazioni per i suoi racconti.
Quella sera la pioggia si abbatteva violentemente su Stratford. May sedeva comoda nella sua poltrona. Leggeva i “Racconti del mistero” di Edgar A. Poe, scrittore di cui amava leggere le parole in quelle nottate un pò burrascose. Diceva che amava suggestionarsi.
La tempesta di pioggia infuriava, così May, previdente, si alzò per andare a raccogliere qualche candela in caso di black-out. Tornata al suo posto di comando, dopo qualche minuto, la luce decise di andarsene lasciando May alle tenebre.
-Puoi sentirmi?-
May si girò di scatto. Cos’era? Aveva sentito davvero una voce oppure era solo il risultato di una mente un pò sovraccarico di suggestione? Optò per la seconda ipotesi.
Cercando di non pensare alla “voce” appena “immaginata”, si dedicò ad accendere le candele e a collocarle in diversi punti della stanza. Dopo aver completato l’operazione, tornò alla sua poltrona ed al suo libro, che imperterrita continuò a leggere.
-puoi…sentirmi..?-
Chiuse il libro e lo lanciò alle sue spalle imputando ad esso gli strani fenomeni.
-Ma santo cielo.Devo essere davvero stanca se ho permesso che dei racconti mi provocassero addirittura allucinazioni uditive!-
-sono qui..-
Qesta volta May non era abbastanza distratta per credere che fosse nuovamente un parto della sua immaginazione. Aveva chiaramente sentito qualcuno bisbigliare, non c’erano dubbi. Girò su sè stessa esaminando con lo sguardo tutti gli angoli illuminati della stanza. Rimanevano poche zone in penombra, zone però di limitata grandezza, quindi irrilevanti.
-Si.ti sento. TI SENTO.Ma chi sei?? Cosa vuoi da me?! DOVE SEI?!-
May stava perdendo evidentemente la calma. Ma dopo aver gridato “Dove SeI!”, il silenzio era tornato ad avvolgere la stanza. Poi d’un tratto la finestra si spalancò facendola saltare d’istinto sulla poltrona.
Ora May se ne stava rannicchiata senza  trovare il coraggio di alzarsi per chiudere quella dannata finestra, la quale apertura aveva causato lo spegnimento di buona parte delle candele. Fortunatamente e inaspettatamente, dopo qualche minuto, la tempesta sembrò cessare. Tirò un sospiro di sollievo ma, non abbandonò la sua posizione.
May appoggiò il mento sulle ginocchia rilasciando i muscoli, fino a quel momento fortemente in tensione. Fu solo allora che sentì quel rumore. Un rumore rivoltante..uno strisciare lento. Si girò, si guardò intorno terrorizzata ma non vide nulla.
Poi guardò in basso davanti a sè e lentamente da sotto la poltrona vide comparire una folta chioma spettinata seguita da una schiena dilaniata e infine da gambe palesemente spezzate. uscita completamente fuori la figura restò stesa immobile con il viso rivolto al pavimento. Il cuore di May sembrò impazzire
-May…credevi che cambiando casa, città e tutto il resto avresti dimenticato?Forse tu hai dimenticato ma io no..- e pronunciate queste parole, divincolandosi in modo rivoltante, si girò mostrando il suo viso alla ragazza che ormai era in stato di shock
-tu..tu mi hai uccisa a sangue freddo May e il mio rancore ed il mio odio mi han permesso di restarti vicino. Sai che giorno è May? lo sai?-
May non rispose..ma in cuor suo conosceva la risposta.
-Oggi sono 5 anni da quando mi hai barbaramente torturato e poi pugnalato a morte. Il mondo non sa che razza  di orrendo mostro sei..ma io non ho dimenticato, nemmeno dopo la morte-
Nella mente di May scorrevano le immagini della notte in cui , cercando una grande ispirazione per quello che sarebbe stato il suo Best Seller, aveva raccolto dalla strada quella giovane autostoppista e ne aveva fatto una martire in nome dell’arte.
L’orribile figura strisciò verso di lei,che intanto se ne restava immobile, aggrappandosi alle sue gambe. Si tirò su e l’avvolse in un abbraccio mortale.
La tempesta tornò ad infuriare e May giacce morta con il viso paralizzato in una smorfia d’orrore.
Quando il giorno dopo il suo agente si recò a casa sua la trovò lì, morta. Arrivò l’ambulanza seguita dalla polizia che ispezionando la casa trovò il diario di may in cui la ragazza aveva raccontato per filo e per segno il suo omicidio.
I resti di Adigail Richard furono finalmente ritrovati e consegnati alla famiglia e May fu dimenticata, anche se c’è chi dice di averla vista strisciare nella foresta durante le notti tempestose.

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