About The Zombie Bride

La mia foto
Una non morta appassionata di orrore.

martedì 17 gennaio 2012

Missing you.

""La tua assenza aveva generato in me un senso di angoscia.
Avevo supplito a tale mancanza iniziando a fare tutto quello che avresti fatto tu.
Per esempio ascoltavo la musica che piaceva a te e mi dedicavo alle attività fisiche che prediligevi tu.
Comincia anche a toccarmi regolarmente, come ero certa avresti fatto tu.
Oggi però non mi basta. Oggi devo fare anche quello che ti riesce meglio."

Prende un coltello.

"Mi strapperò via il cuore e saremo finalmente in piena simbiosi"

Con una forza ed un coraggio che di umano ha poco, taglia via la carne e spezza le ossa che ha intorno al cuore. Con le mani asporta la zona recisa. Il dolore la sta raggiungendo. Così, con le ultime forze che ha, afferra il cuore e e se lo stacca dal petto.

fine.

La Filastrocca di Katerina

Questa è la storia di Katerina
Una bambina bella e piccolina.
Katerina amava disegnare
E da sua madre lo imparava a fare.
Katerina credeva negli elfi
Orecchie lunghe e nasi stretti.
Un giorno, mentre era intenta a disegnare
Alla finestra sentì bussare.
Verso di questa guardò
E un elfo si palesò.
Katerina per l'emozione
Urlò per avvertire il genitore
Ma l'elfo la finestra spaccò
E Katerina con se via portò.
Sotto terra la recò
E lì a pezzi la taglio.
Poi in tavola la portò
E con tutti gli altri elfi la mangiò.
Di Katerina nulla rimase
Se non un disegno e l'odore di brace.

martedì 10 gennaio 2012

Qualcuno nel buio

C'è qualcuno che mi spia nel buio. Sento il suo respiro vicino al mio letto, ma non ho il coraggio di guardare.

Tutto è iniziato tre mesi fa quando, un pomeriggio, ho sentito qualcuno muoversi nel corridoio. Ero sola in casa e quindi non poteva essere né mia madre né mia sorella.
Non gli diedi molto peso all'epoca.
Una notte però i rumori si fecero più forti. il mio cane terrorizzato si era nascosto sotto la poltrona e io avevo preso coraggio e mi ero avventurata nel corridoio, accendendo tutte le luci.
Arrivata all'ingresso, avevo visto un ombra muoversi dietro la porta a vetri del salotto e, dopo essermi armata di un coltello da cucina, ero entrata lentamente nella stanza.
Nulla.
Mi ero così convinta di aver avuto un'allucinazione causata dalla suggestione del momento.
Era passato qualche giorno quando mi era sembrato di udire qualcuno che bussava alla porta della mia stanza. Ero rimasta in silenzio per qualche minuto e poi lo avevo sentito ancora.
Il sangue mi si gelò nelle vene, il terrore mi immobilizzò. Il cane sempre più spaventato si era rifugiato sotto la scrivania, tra le mie gambe .
Chiamai la mia migliore amica, implorandola di venire qui da me . E lei venne .
Parlammo un po', poi lei mi chiese di usare il bagno.
La sentii urlare e quando uscii dalla mia stanza lei era scappata.
la chiamai diverse volte, ma non rispose. Si limitò a mandarmi un'email in cui mi comunicava che non sarebbe tornata da me e che non voleva io la cercassi mai più. L'email terminava con una strana frase "Prego Dio che tu non debba mai vedere quello che ho visto io". Dico strana perché lei, come me, era atea convinta e il pregare Dio non rientrava tra le sue abitudini. E poi..cos'è che aveva visto?
Cercai di contattarla, ma niente . Qualche giorno più tardi mi chiamò sua madre dicendomi che Alexis si era tolta la vita lasciando un biglietto che recitava queste parole "Quando scopri cosa c'è nel buio la tua vita è distrutta. Mi dispiace, ma non posso continuare a vivere nel terrore".
Cominciai a dormire di giorno e a studiare di notte. Ero del tutto sfasata. Mia madre mi portò da uno psicologo attribuendo il tutto ad un trauma causato dalla morte di Alexis.
Io non facevo parola a nessuno riguardo la storia dei rumori.

Passarono dieci giorni di relativa quiete e una notte tornai a dormire .Verso le 3 del mattino mi svegliai sentendo un fortissimo gelo pervadermi il corpo. Accesi la luce e vidi la poltrona vicino al mio letto, girata nella mia direzione.
Mi alzai di scatto e corsi a svegliare mia sorella. Non mi diede ascolto e mi rimandò in camera mia lamentandosi per il fatto che l'avessi svegliata immotivatamente.
Il giorno dopo trovai il mio cane morto nella sua cuccia. Occhi sbarrati. Il veterinario disse che il suo piccolo cuoricino si era fermato di colpo. Per loro fu un tragico attacco di cuore, per me era morta di spavento.
Ripresi i miei folli ritmi.
Una notte, mentre studiavo, con la coda dell'occhio vidi qualcosa nello specchio. Un viso, mi parve. guardai allora con attenzione e lo vidi. Un viso pallido mi fissava da un angolo dello specchio. Istintivamente afferrai il porta penne di ceramica che avevo sulla scrivania e lo scaraventai contro di esso.
Lo ruppi in mille pezzi e il rumore fu tale da svegliare mia madre.
Lei corse nella mia stanza e mi trovò in stato confusionale.
Il giorno dopo parlò con mio padre e insieme decisero che era il caso di farmi dare un aiuto serio. Con l'aiuto del mio dottore, mi fecero internare in una casa di cura, senza ascoltare le mie ragioni. Mi ero decisa a raccontare la verità, ma nessuno mi credeva.
Le nottate nella casa di cura erano così lunghe ed estenuanti. Mi obbligavano a stare al buio e io lo sentivo strisciarmi vicino.
Tentai di togliermi la vita impiccandomi con il lenzuolo, ma mi salvarono in tempo.

Stanotte però è diversa. Sento che mi sta per prendere. E' così vicino da sentire il suo respiro sul mio viso. So che se tendessi la mano potrei addirittura toccarlo.
Tengo gli occhi ben chiusi, sperando di essere davvero pazza come gli altri credono.
E' qui, è sopra di me. Sopra di me..



Un urlo squarcia la notte. Gli infermieri di turno corrono nella stanza e non trovano nessuno. Lui l'ha presa.

lunedì 9 gennaio 2012

L'antro

Tutto è buio intorno a me. Respiro a fatica, ho l'affanno. Tremo. Ho paura.
Non so né come né quando sono arrivata qui. I miei ultimi ricordi si fermano alla cena con Celine e Martine, in quel bel ristorante in Rue Jean Lanette.
Non devo perdere lucidità. Mi chiamo Virginie Carrot, ho 27 anni e vivo a Bordeaux. Mio padre si chiama Roger e mia madre Justine. Ho due sorelle, Veronique e Annette.
Bene, sono ancora abbastanza presente.
La testa mi fa molto male, devono avermi colpita.
Il buio è così intenso che gli occhi fanno fatica ad abituarsi. Cammino seguendo la parete, gelida e umida. Non credo di essere in una casa, non so.
-C'è nessuno?! aiutatemi!!!-
C'è qualcuno! Una donna, pare.
- Si! sono qui, sono qui!!! Chi sei? dove sei?? è troppo buio, non vedo nulla!-
Non risponde. Mio Dio, sto morendo di paura.
Mi fermo in attesa di risposta.
-Sono qui, in un angolo. Tu chi sei?! Mi hai portata tu qui?? Ti prego dimmi cosa vuoi!-
-No! Anche io non so dove diavolo ci troviamo!!! Resta ferma dove sei che ti vengo a cercare.-
Cammino seguendo il suono del suo pianto misto a grida.
C'è un odore insopportabile. Voglio uscire di qui.
D'un tratto non sento più nulla.
-Continua a fare rumore!! Non ti trovo.-
Nulla.
- Ti prego..aiutami a trovarti. Parlami.-
- Sono qui! Sono qui! Vieni, ti prego-
E' vicina, la sento più forte.
Ora tutto tace. L'odore è sempre più forte man mano che mi avvicino.
-Dove sei?!-
-Sono qui...- bisbiglia lei.
Un brivido mi percorre interamente la schiena. Perché ora bisbiglia?
Mi fermo. Sento il suo respiro. E' qui.
-Ehi...ti sento respirare..-
Poi d'un tratto ecco accendersi una candela nell'angolo. La vedo nella penombra, rannicchiata in un angolo con la candela ai piedi.
Mi avvicino, forse è svenuta per la paura.
Cammino verso di lei, sono a pochi passi quando la donna si gira.
Mi fissa con quegli occhi vuoti e la bocca socchiusa. Gattona verso di me, spaventandomi a morte. Corro nell'angolo, prendo la candela e quando mi volto lei è alle mie spalle, in piedi. Non si muove.
Tremando, sollevo la candela per illuminarle il viso. La bocca è sporca di sangue, gli occhi neri come il fondo dell'inferno. Le sue mani si sollevano e mi afferrano il collo.
Il suo gioco perverso di fingersi vittima l'ha sicuramente divertita, perché ora ride.
Mi spinge contro il muro e a me manca il respiro.
E' sopra di me. Mi afferra la testa e la sbatte contro la parete. Non riesco più a muovermi..
Si allontana e torna da me qualche istante dopo con in mano una pietra appuntita. Me la pianta nell'addome e comincia a mangiare la mia carne.
La mia mente si offusca..non riesco più a pensare...buio.

mercoledì 4 gennaio 2012

Revenge

Un pomeriggio come tanti altri. Una stanza arredata secondo il gusto di una ragazza appassionata di horror. Migliaia di libri, dvd e oggetti richiamanti personaggi celebri protagonisti dei migliori film dell'orrore.
Lei indossa una felpa con un cappuccio che le copre la testa.Ogni tanto tira su la testa dal libro e scruta fuori dalla finestra.
Vive da sola al quinto piano di una vecchia palazzina. Ci sono pochi inquilini, tutti molto silenziosi. Lei è la più giovane.
Legge qualche altra pagina e torna a guardare fuori dalla finestra. D'improvviso la luce dell'appartamento di fronte si accende. La ragazza si alza in piedi e corre verso la finestra, nascondendosi in parte dietro la tenda. Fissa la finestra dell'appartamento di fronte mangiucchiandosi le unghie. Dopo qualche istante appare lui. La ragazza sussulta e si morde le labbra. Corre verso la scrivania e da un cassetto tira fuori una macchina fotografica. Si dirige ancora alla finestra e gli scatta diverse foto. Lui non sembra accorgersene ma comunque chiude le tende, quasi sentisse intimamente di essere spiato.
La ragazza torna alla scrivania e riprende a leggere. Una lacrima percorre le attraversa una guancia.

La stessa scena si ripete per i giorni a seguire. La ragazza non abbandona mai il suo cappuccio e non permette a nessuno di vederla in viso.
Un giorno suonano alla porta. A piedi nudi corre. Apre quel poco che basta per afferrare la scatola che l'uomo delle consegne le ha portato. Chiude senza nemmeno salutare e torna in camera sua.
Sono le 18 esatte e lui è tornato a casa. Si spoglia e va verso la doccia (o almeno lei immagina).

Nel frattempo la nostra amica ha indossato un paio di scarpe e messo il contenuto della scatola nella borsa. Controlla ancora dalla finestra. Lui è sempre in bagno.
Corre alla porta, scende le scale ed esce dal portone. Attraversa la strada e si infila nel portone di fronte. sale le scale ed è al quinto piano. Bussa alla porta che si trova davanti e nel frattempo rovista nella borsa. Tira fuori un fazzoletto e una bottiglietta contenente un liquido che non saprei distinguere. impregna il fazzoletto con quel liquido e resta in attesa. La porta si apre e c'è lui, bellissimo con l'asciugamano in vita. La guarda incuriosito per l'insolito abbigliamento. Lei tira su la testa e scosta il cappuccio. Lui indietreggia inorridito e lei gli balza addosso premendogli il fazzoletto imbevuto contro naso e bocca.

Passano due ore prima che lui si svegli e si accorga di essere legato al letto. Lei gli sta seduta sulla pancia a cavalcioni. Lo fissa paziente attendendo che si desti.
Quando lui apre gli occhi quasi non sviene per la rinnovata visione. Su di lui è seduto un mostro. Una donna (pare) i cui tratti sono stati resi impossibili da riconoscere per non si sa quale assurda ragione.
La testa rasata e gonfia da un lato, le labbra inesistenti, il naso piegato da un lato e gli occhi neri come la pece.
Interminabili sono i secondi che passano prima che lei si decida a fare qualcosa.
Passa la sua mano gelida sul corpo nudo di lui. Si alza e si sfila i vestiti. scende tra le gambe del poveretto e comincia a praticargli del sesso orale. Quando il pene di lui è finalmente eretto, gli monta sopra e fa sesso con lui.
L'uomo nel frattempo si vomita addosso per quanto la situazione gli fa schifo. Piange. Grida.
Lei si volta di spalle e lui capisce. Vede quel tatuaggio inconfondibile. Le resta immobile e aspetta che lui dica qualcosa.
Restano in silenzio.
Lei si volta e lo guarda fisso negli occhi.
Lui prende coraggio "Ho capito chi sei. Io..Io...pensavo fossi morta. Perdonami."
Lei abbassa lo sguardo e scuote la testa lentamente.
Va di nuovo verso la borsa e prende due cose. Una di queste è una lettera. Libera una mano all'uomo e gliela consegna.
Lui legge "Ti ho amato più di quanto non abbia mai amato me stessa. Mi hai lasciato a morire dopo quell'incidente maledetto. Sei scappato perché avevi guidato in stato di ebrezza. Avevi paura..e io? Qualcuno però ha visto tutto e ha chiamato un'ambulanza e così, mi sono salvata. Tu non ti sei mai preoccupato di che fine avessi fatto. Ti sei trasferito qui e sei stato di nuovo felice. Io per un po' ho creduto che venire a vivere di fronte a te mi avrebbe fatto sentire meglio. Ti ho scattato tante foto perché ti ho continuato ad amare nonostante tutto. Un giorno però ho compreso che l'unica cosa in tutto il mondo che mi avrebbe dato sollievo, sarebbe stato ucciderti. Ed eccomi qua.. Tu hai preso la mia vita e io ora mi prendo la tua."

L'uomo sa che non ci sarà compassione per lui. Non la guarda. Stringe la lettera nel pugno e chiude gli occhi.
Lei lo accarezza e poi gli versa dell'acido addosso. Parte dal viso per poi scendere e versarne in quantità maggiore nelle parti intime. Lui si dimena. Il dolore è lancinante. Lei va in cucina e torna con una piccola mannaia. Gli taglia i piedi, le mani e lo lascia lì senza sapere se è ancora vivo o se il supplizio è già terminato.
Ora è di fronte alla finestra spalancata. resta lì immobile per qualche istante lasciandosi accarezzare dal vento. Poi sale sul davanzale e si lancia giù.
Finalmente può morire in pace.

martedì 3 gennaio 2012

Collezionismo


Questa dannata mania di collezionare tutto l'aveva portata sull'orlo del baratro svariate volte.
Ogni volta che terminava una collezione, si ritrovava a vagare per l'immensa casa in cerca di una nuova ispirazione.
Viveva da sola in quel maniero così isolato dal resto della civiltà. Metri e metri di casa, giardino e sotterranei.
Da dove arrivasse nessuno lo sapeva. Hanna era sola e ricchissima. Quindi perché stupirsi per la sua mania di voler riempire la casa di oggetti inutili?
Una notte era rincasata in compagnia di un bellissimo ragazzo. biondo, occhi azzurri, barba incolta, alto e slanciato : il più bello che avesse mai conosciuto. Questo era un viaggiatore, senza dimora fissa. Così Hanna si era offerta di dargli ospitalità per la notte e lui aveva accettato, essendo lei molto bella.


Il ragazzo entrato in casa rimase incantato (o inorridito?) di fronte alle pareti ricoperte da scaffali strabordanti di oggetti. prendeva tutto in mano per l'immensa curiosità e questo dava fortemente sui nervi ad Hanna, che era gelosissima delle sue cose.


Passato questo primo momento di tensione, Hanna invitò l'uomo a tavola. Meredith, la governante, aveva preparato la cena per entrambi. Così cenarono, in silenzio. Hanna non era una che parlava molto e al ragazzo non dispiaceva, perché probabilmente erano talmente diversi che qualsiasi argomento di conversazione sarebbe stato quello sbagliato.
Lei alzava gli occhi di tanto in tanto e lo osservava consumare voracemente il suo pasto. Chissà da quanto non mangiava così bene. Lui invece si limitava a fissarle il seno così prorompente. Lei se ne accorgeva e pensava "Tranquillo..mangia con calma, presto sarà tuo".


La cena terminò, Meredith raccolse i piatti e sparì in cucina. I due si spostarono nel bellissimo salotto, anche questo invaso da mille oggetti tutti disposti in un ordine maniacale. Scambiarono due parole sul tempo e sui loro film preferiti e poi lei si alzò e lasciò scivolare a terra il suo abitino di cotone. Sotto non aveva sorprendentemente nulla. Lui si alzò a su volta e la cinse. Scoparono sul pavimento, con gran foga e passione. Al termine del rapporto i due si ritrovarono sdraiati supini, uno di fianco all'altro. Hanna fissava quel bellissimo ragazzo così vuoto lì sdraiato e d'improvviso provò un odio profondo per lui. Si alzò all'improvviso, afferrò uno dei coltelli che collezionava e lo colpi con ferocia. L'uomo urlò e tentò di alzarsi. Lei lo colpì ancora in viso, perforandogli una guancia. Lui urlava e lei continuava a colpirlo ancora ed ancora.
Quando tornò lucida, lui giaceva in una pozza di sangue, esanime. Hanna trascinò il corpo straziato giù nei sotterranei e poi andò a mettersi a letto.I giorni passavano e il corpo marciva. Un giorno la donna si trovava nel sotterraneo a guardare quel corpo sfiorire quando un brivido di follia le percorse gli occhi. Aveva trovato la sua nuova collezione.


Da quel giorno in poi Hanna uscì più spesso e il più delle volte tornava a casa con un uomo biondo e con gli occhi azzurri. Passava molto tempo nei sotterranei ed era sempre sorridente. Aveva comprato un sacco di scatole giganti di plexiglass e non le importava quanto questo le costava.
Finalmente aveva trovato una collezione che non avrebbe mai avuto termine. No, mai..perché finché non sarebbe morta, ci sarebbe sempre stato un uomo da ammazzare e da aggiungere alla sua collezione.

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