About The Zombie Bride

La mia foto
Una non morta appassionata di orrore.

lunedì 17 dicembre 2012

Sacrifice

-Corri. Corri per la tua vita- pensava Demi mentre correva a più non posso tra scale e stradine scoscese.
Non si era più voltata indietro. Non sapeva se l'orrore la stesse inseguendo o meno, ma lei voleva solo fuggire e raggiungere un luogo sicuro.

Si era svegliata la notte prima incatenata ad un letto in una stanza che non riconosceva. Non ricordava come ci fosse arrivata. Si era addormentata a casa sua, con il suo gatto sulle gambe e si era risvegliata in quella fredda stanza.
Tutto intorno solo il silenzio.
Aveva cercato di alzarsi in piedi, ma la catena legata alla caviglia glielo aveva impedito.
-Ma dove diavolo sono..?- Si era domandata con le lacrime agli occhi.
All'improvviso la porta della stanza si era spalancata e una donna alta e piazzata aveva fatto il suo ingresso. Si era avvicinata al letto senza dire una parola e aveva sciolto la ragazza dalle catene. Poi se n'era andata, lasciando la povera mal capitata di nuovo sola.
Demi ispezionò la stanza in lungo e in largo, cercando di capirci qualcosa. Ma nulla. La stanza era completamente nuda. Non una finestra, non una sedia, non un quadro. Solo il letto e quella pesante catena.
Nel silenzio più profondo, la porta si aprì di nuovo e ad entrare questa volta furono due uomini incappucciati e a petto nudo.
Afferrarono Demi che nel frattempo si era rannicchiata in un angolo e la portarono fuori dalla camera.
Attraversarono un lungo corridoio pieno di porte chiuse e Demi cercava di divincolarsi in ogni modo.
Non riuscì a fuggire.
La spinsero in un'altra stanza e se ne andarono.
Seduta dietro ad una scrivania di ferro se ne stava la donna che aveva visto all'inizio.
-Ti starai chiedendo cosa ci fai qui..-
Demi rimase in silenzio, terrorizzata.
-Sei parte di un grande disegno, tesoro. Abbiamo bisogno del tuo sangue, della tua forza, della tua gioia e della tua...vita-
-Ma perché io?!- Gridò Demi disperata
-Perché ci sei capitata tu. Mi spiace.-
In quel momento rientrarono i due uomini incappucciati che la afferrarono e trascinarono nel corridoio. Demi gridava e piangeva, si dibatteva, implorava pietà.
Entrarono in un'enorme sala dove vi erano arnesi di ogni genere : coltelli, asce, cacciaviti...di tutto.
Demi ebbe la certezza che sarebbe morta, lì e in un modo orribile. 
L'avvicinarono al ripiano dove giacevano tutte quelle armi.
La donna li aveva raggiunti e aveva afferrato un pugnale. I due energumeni tenevano immobile la ragazza.
Demi pensò che doveva fare qualcosa, doveva tentare di liberarsi. Urlò e poi morse con tutte le sue forze la mano di uno dei due, il quale si ritrasse in preda al dolore. Con un braccio libero riuscì ad afferrare un cacciavite e colpì l'altro mostro. La donna intanto cercava di colpirla con il coltello, ma Demi riuscì a ferirla per prima.
Nel delirio generale Demi riuscì a raggiungere la porta e ad uscire dalla stanza. Intanto la donna gridava cercando aiuto. Demi sentì dei passi dall'altra parte del corridoio,doveva essere rapida. 
Aprì ogni porta e in ognuna delle stanze si celava un orrore simile al suo. Avrebbe voluto liberarli tutti, ma doveva solo pensare a correre e a mettersi in salvo.
Corse senza pensare al resto, corse e basta..e alla fine trovò la via d'uscita.
Si trovava in un edificio probabilmente in stato di abbandono in mezzo al nulla.

Ed eccola che correva all'esterno del palazzo cercando un cancello che l'avrebbe resa libera. Scese delle scale in pietra e si ritrovò in un giardino trascurato. Non smise mai di correre finché non ebbe trovato il dannato cancello. Chiuso. Lo scavalcò e si ferì nel farlo.
Giunta dall'altro lato si accasciò per il dolore. Non riusciva a muoversi.
Sentì dei passi. Alzò lo sguardo e vide l'uomo che aveva tanto amato.
-Cosa ci fai qui? Dobbiamo scappare! Aiutami a tirarmi su. Dobbiamo andare!-
Lui aveva gli occhi lucidi.
-Tommy, dobbiamo andarcene da questo inferno. Ma che ci fai qui..? Non capisco! Aiutami-
Lui la aiutò a rialzarsi e poi..
-Mi dispiace. Dovevo scegliere.-
Così la colpì in testa e quando Demi si riprese era di nuovo nella grande sala, legata ad una sedia.
-Ma...ma...ero riuscita a fuggire. Cos'è successo?? TOMMY DOVE SEI???-
Urlava, piangeva, si disperava.
Apparve la donna con un braccio fasciato e alle sue spalle...Tommy.
-Tommy, tesoro, ma cosa sta succedendo? Ma che cosa fai lì fermo? PARLA, CAZZO!-
Tommy abbassò la testa.
-Cara, smettila di urlare. Non odiarlo. Doveva scegliere glielo abbiamo imposto noi. E lui lo ha fatto.-
-Ma di cosa stai parlando vecchia pazza?-
-Dovevamo offrire un sacrificio al Dio Miut e Tommy doveva scegliere una tra le persone che ama perché venisse uccise in suo onore. E la scelta è ricaduta su di te. Ora basta, lascia che le cose seguano il loro corso...-E finito di parlare le sferrò la prima pugnalata. Demi gridò. La donna passò poi il coltello a Tommy che esitò un po', ma poi, con le lacrime agli occhi, la pugnalò più volte all'altezza del cuore.

Alla fine del massacro, di Demi rimase solo il corpo dilaniato ed esanime che venne poi scaricato in una fossa nell'incolto giardino.
Tornò il silenzio nella casa fino all'esecuzione di una nuova, povera vittima.

giovedì 29 novembre 2012

Amore

Quando si erano conosciuti, lei era una persona diversa. Era una di quelle donnette che pensava di aver visto un po' tutto nella vita, una di quelle dalle poche illusioni, ma dal facile divertimento.
Si era innamorata quasi subito invece. Lui l'aveva trascinata in una spirale di amore e odio, di gioia e dolore, di grande felicità ed esasperazione.
Poi era arrivato quel tragico giorno in cui più nulla aveva senso e lei si era ingiustamente tolta la vita.

Erano passati mesi, forse anni. Lui respirava, era tornato a ridere, ad amare..a vivere.
Un dì una telefonata anonima aveva squarciato il silenzio della sua notte. Una donna in lacrime gli chiedeva disperatamente di raggiungerlo ad un indirizzo che lui non conosceva. Piangeva e chiedeva aiuto.
Lui che di indole era sempre stato molto buono, si era vestito al volo ed era coso alla ricerca di quel posto.
Quando arrivò si trovò di fronte una villetta visibilmente abbandonata da tempo, circondata da un folto giardino che non aveva ricevuto più cure da secoli pareva. Il suo istinto trillava forte, prese in mano il telefono e compose il numero della polizia, ma non chiamò. Entrò, un po' spaventato, ma entrò.
E lì capì, o meglio, si ricordò che quella era la casa in cui molto, ma non troppo, tempo prima la donna si era tolta la vita.
Si trovò di fronte una scalinata che portava al piano superiore ed è proprio da lì che sentì arrivare la voce della donna che lo invitava a salire. Una voce lamentosa, spaventosa, ma che lo attirava a sé come il miele con le api.
Salì lentamente le scale illuminate solo dal bagliore della luna.
Si ritrovò davanti ad una porta socchiusa da cui proveniva una fievole luce, forse una candela. Poi ancora la voce della donna. Così dopo una breve esitazione, aprì a poco a poco la porta ed entrò.
La stanza, al contrario del resto della casa, era ben arredata con mobili antichi. Sembrava quasi non appartenesse allo stesso ambiente tetro in cui si era mosso poco prima.
Si guardò intorno e giunto con gli occhi all'altezza della finestra, la vide.
Aveva un lungo vestito bianco, di seta forse. I capelli folti e neri accentuavano, facendo contrasto, il candore della sua pelle.
La donna si voltò.
L'uomo fece un balzo all'indietro e inciampando cadde a terra.
Era lei. LEI.
-Credevo...pensavo...ero certo che..
-Che fossi morta?
Silenzio.
Si avvicinò a lui che tremava e non trovava la forza di rialzarsi.
-Hai mai sentito parlare di rancore? Sai che le persone che muoiono nella disperazione più totale, a volte, restano intrappolate tra un mondo e l'altro finché non trovano vendetta? Io, sciocca, credevo che fosse solo una di quelle bugie che ti raccontano nei film horror, una di quelle storielle per non farti dormire la notte. E invece eccomi qui. Sono tornata, per te.
In quel momento lui si rese conto di quanto l'avesse amata e che, per quanto fosse tutto così spaventoso, volesse correre a stringerla.
Si alzò e le andò incontro. Lei non si mosse. Le accarezzò i capelli e la guardò negli occhi. 
-Vendetta? E se invece questa fosse solo una seconda opportunità che ci è stata concessa? Abbracciami, non lasciarmi più
La strinse a sé. Negli occhi di lei però non c'era la benché minima traccia di emozioni. Lentamente spostò la mano che aveva sempre tenuto dietro la schiena e la luce della candela pose il suo accento su una lama affilata.
Lui la stava ancora stringendo quando lei sferrò il suo primo colpo alla sua schiena. L'uomo urlò di dolore. Fece per muoversi, ma lei lo trattenne a sé e tornò a colpirlo. Lo lasciò scivolare a terra in preda al dolore. L'uomo cercò di trascinarsi verso la porta, ma lei lo raggiunse e lo colpì ancora e ancora.
Ma lui era ancora vivo. Così lo girò in modo tale che potesse guardarla in viso. Non era più bella come quando l'aveva amata. Si era trasformata in un orribile demone.
Ci fu qualche istante in cui i due si guardarono e basta. La candela si spense e con il solo bagliore della luna, lei tornò ad apparire agli occhi di lui, bella come sempre.
Si chinò sull'uomo che ormai non aveva più forze
-Guardami bene negli occhi, amore. 
Si guardarono intensamente e poi lei gli tagliò la gola.
Esplose un temporale e il buio invase la stanza. 
Qualche giorno più tardi il corpo del ragazzo fu finalmente rinvenuto. Teneva stretta una foto della donna in una mano e nell'altra un rasoio affilato con il quale si era evidentemente tagliato i polsi.
-Da quando lei si era tolta la vita, lui non stava più bene- disse un suo amico - dovevamo immaginarcelo un gesto del genere. 

Quella villa è ancora oggi disabitata, ma qualcuno giura di aver visto, nelle notti tempestose, una candela accesa e due figure sbiadite alla finestra.


venerdì 10 agosto 2012

Tutto il tempo del mondo

Tutto il tempo del mondo. Avevamo tutto il tempo del mondo. Ci saremmo dovuti amare per sempre, eppure tu, senza alcun avviso, eri morto, così, in un freddo giorno d'inverno.
C'era stato un grande temporale e tu eri fuori per lavoro. Poi l'incidente, quell'uomo ubriaco che non nera riuscito ad evitare lo scontro sotto la pioggia. E tu te ne eri andato.

I giorni scorrevano lenti e io ogni mattina ti cercavo tra le lenzuola. Non riuscivo ad andare oltre, non riuscivo a metabolizzare la tua morte. Poi capì. Dovevo regolare i conti.
Così aspettai quel maledetto alcolista, che era stato assolto perché troppo ricco per marcire in galera, fuori da casa sua.
Spiavo le sue abitudini. Sapevo cosa faceva di giorno e cosa di notte, chi frequentava, cosa mangiava e cosa beveva. Sapevo tutto di lui.

Un giorno, la merda, stava rientrando dalla solita nottata di bevute e io ero pronta a portalo via con me. Scesi dall'auto e lo colpii alla testa. Lo trascinai in auto e lo portai nella nostra casa in campagna.
Quando si riebbe, si trovava disteso su un tavolo, con piedi e mani legate e completamente nudo.
Lo guardai negli occhi e lui guardò me, spaventato.
"Sono i soldi che vuoi? ne ho tantissimi. Chiedi e ti darò qualsiasi cifra"
Scossi la testa. No, amore, lo sai che non era quello che volevo da lui. In realtà da lui non volevo nulla. Volevo solo vederlo soffrire, come stavo soffrendo io e come avevi sofferto tu.
Mi accesi una sigaretta e poi un'altra e ognuna di queste la spegnevo sulla sua pelle. Lui gridava ed ogni suo strillo era per me una musica  dolcissima.
Presi poi un bisturi, uno dei tuoi amore mio, e lo feci scorrere lungo tutto il suo corpo ferendolo leggermente. Arrivata nelle parti intime, colpii senza pietà.  In quell'istante la furia fu cieca e così lo colpii ancora e ancora all'addome, alle gambe, alle braccia e poi mi avventai sul viso. Ridussi quell'uomo in brandelli e smisi solo quando fui certa che non respirava più.

Ecco quello che ho fatto amore. Adesso lascia che io prenda tutte queste pillole e staremo di nuovo insieme ed avremo ancora tutto il tempo del mondo..

martedì 5 giugno 2012

Cassette

Morto, così, tutto ad un tratto e lei non aveva potuto nemmeno dirgli addio.
"Ma come diavolo hai potuto chiudere gli occhi senza guardarmi un'ultima volta? Come hai potuto serrare le labbra senza raccontarmi ancora di quando ti eri innamorato di me?" gridava lei mentre giaceva distesa vicino al suo corpo.
Gli sfiorava i capelli e inondava il suo petto con un continuo fiume di lacrime. Doveva chiamare qualcuno. Doveva. Ma non lo fece.
Se ne restò lì a contemplare quel corpo freddo che era appartenuto alla parte più importante della sua vita.
Si disse che avrebbe avuto bisogno di un'ultima notte con il suo amato. Che voleva dormirgli vicino una sola notte ancora.
Ma perché poi si era ucciso? Cos'è che lo aveva spinto ad un gesto così brutale ed improvviso?
Non si dava pace.
"Perché mi hai lasciato? Perché non hai chiesto il mio aiuto?"
Disperata si alzò da quel letto di morte e camminò per la stanza, su e giù, prima in modo irrequieto e poi lentamente. Di tanto in tanto volgeva lo sguardo al letto e a quel gelido corpo che vi giaceva sopra.
Non era possibile non avesse lasciato nemmeno un biglietto. Niente.

Arrivò la notte e lei si sdraiò ancora vicino al suo amore. Ma il sonno non arrivava e lei aveva bisogno di sentire ancora la sua voce..ancora una volta.
Si alzò e si diresse verso il salone. Aprì un armadio e da lì tirò fuori un grande scatolone contente cassette su cassette. Erano filmati girati dal suo uomo, che era un documentarista. Sapeva che avrebbe così potuto udire ancora il suono della sua voce.
Frugò cercando qualcosa di recente..quando sul fondo della scatola si imbattè in una serie di cassette recanti sull'etichetta nomi femminili.
"Jennifer, Mary, Violet, Iris, Shonda, Nicole, Diana.....ma...ma..."
Non ebbe alcun dubbio su quali cassette avrebbe visionato.
Lui era morto, è vero, ma voleva comunque sapere se...se...se le era stato infedele.

Cominciò la visione della prima cassetta. Una stanza, un letto, penombra e una bellissima donna bionda legata al letto.
"Lo sapevo. Anzi no, non lo sapevo..non lo sospettavo, fino a qualche istante fa."

All'improvviso nella stanza entra un uomo incappucciato e senza altro addosso.
"Bastardo"

Stava per interrompere la visione quando..

L'uomo tira fuori da sotto il letto un martello.
"E quello a cosa cazzo ti serve?"

Resta immobile davanti alla ragazza che finalmente apre gli occhi e inizia a gridare. La colpisce violentemente sulle ginocchia e sui polsi, più volte. Si sente il rumore delle ossa che si rompono.

Lei rimase impietrita sulla poltrona a fissare le terribili immagini.

L'uomo sale sul letto. Spalanca le gambe della ragazza e la penetra ,con ancora più violenza, con il manico del martello. Lei grida, piange.
Il mostro getta il martello a terra e comincia a violentare la giovane donna. Un animale.
La scena dura minuti interminabili, finché lui non si alza e scompare dalla scena per qualche istante.
Ritorna poi con un coltello, di quelli grandi da cucina, e con delle forbici.
Scosta i capelli della ragazza e con le forbici recide i suoi lobi. Poi passa la lama lungo il ventre della donna e la colpisce lì dov'è l'ombelico. Tre volte almeno.
La penetra di nuovo, con la lama questa volta. Lo spettacolo è insostenibile.
Lei grida come non si direbbe che una persona possa fare.
Lui estrae la lama e le entra dentro col suo cazzo. Con le mani le apre la bocca e le tira fuori la lingua. Afferra le forbici e gliela taglia.
L'uomo continua a scoparsela finché non viene.
Lei è sfinita. Lui scende con le forbici e si ferma all'altezza della vagina. La guarda. Recide clitoride e grandi labbra.
Poi si stende ancora su di lei e la afferra per il collo. Stringe. Stringe fortissimo finché non è certo che la ragazza sia ormai morta.
L'uomo poi si dirige verso la telecamera e si toglie il cappuccio. E' lui con il suo sorriso migliore.
E' lui.

La donna tirò il telecomando contro lo schermo della tv e lo ruppe. Si portò le mani al viso. Pianse. Gridò. E poi...e poi ricordò che quelle immagini le aveva già viste. Ricordò perfettamente tutto. Ricordò il momento in cui aveva trovato le cassette. Ricordò anche che...che...
No, non era stato un suicidio quello del suo uomo. Lo aveva avvelenato lei dopo aver visto la cassetta e lo aveva guardato vomitarsi le budella senza muovere un dito.
Lo choc le aveva fatto rimuovere tutto, ma le cose tornano sempre a galla in un modo o nell'altro.

Andò in bagno, riempì la vasca da bagno e vi entrò. Vestita. Si tagliò i polsi e lì rimase, ad attendere la morte che arrivò in breve tempo.

La casa era silenziosa. Il corpo di lui sul letto e quello di lei nella vasca. Sul tavolo della cucina le cassette.

Squillò il telefono, nessuno rispose.

martedì 29 maggio 2012

Rumori

Passavamo sempre le vacanze estive nella casa di campagna. Ci riunivamo lì nel mese di agosto. Cugini, zii, nonni e amici che venivano di tanto in tanto a farci visita.
La casa era molto grande. Poteva ospitare fino a 20-25 persone. L'aveva costruita mio nonno quando mia madre e le mie zie erano ancora piccole.
C'erano tre piani e il seminterrato. La mia stanza era l'unica situata al piano terra. Con me dormiva mia sorella minore, Jackie, e la mia cuginetta, Patricia.
Adoravamo quella casa e ancora di più adoravamo i racconti di nonna Louise la sera, quando ci ritrovavamo tutti in giardino.

La campagna del Sussex era nota per le apparizioni di fantasmi. Nonna Louise, che aveva passato tutta la sua infanzia in una piccola fattoria appunto in quelle campagne, conosceva un sacco di racconti relativi alle apparizioni. Noi ne eravamo da un lato spaventati e dall'altro affascinati.
La mia storia preferita era quella relativa ad una giovane fanciulla che era stata uccisa dal suo fidanzato. ma ve la racconto meglio : "Molly aveva da poco compiuto 19 anni quando fu ritrovata senza vita sulle rive di un piccolo laghetto nelle campagne del Sussex. La giovane fanciulla era stata tenuta a lungo con la testa sotto l'acqua finché non aveva perso i sensi e poi la vita. Tutto questo si sapeva perché, al ritrovamento del corpo, il suo fidanzato, Oliver, aveva confessato di aver commesso lui stesso l'assassinio. Il giovane Oliver affermava di averla dovuta uccidere dopo che questa aveva ucciso e fatto a pezzi le sorelle in un attacco di follia. Effettivamente le due sorelline erano sparite da qualche tempo, ma si era sempre pensato fossero state rapite da qualche reduce di guerra colpito dalla follia dopo la guerra il Sussex ne era pieno). Oliver confessò anche di averla vista seppellire i resti e dopo aver indicato il punto esatto in cui potevano essere ritrovati, si era tolto la vita impiccandosi in prigione.
I corpi delle due bambine erano poi stati ritrovati nei punti indicati dal giovane e questo aveva insinuato nella polizia il dubbio che a commettere tutti gli omicidi fosse stato lo stesso Oliver.
La faccenda venne archiviata così. In ogni caso sia Oliver che Molly erano morti ed ogni indagine venne quindi ritenuta superflua. 
Poco tempo dopo iniziarono a sparire altre giovani ragazze. Per giorni non ve ne fu traccia finché i loro corpi esanimi non vennero ritrovati nei pressi del lago. Una donna anziana che amava passeggiare per i boschi a sera inoltrata giurò di aver visto la bella Molly aggirarsi tra gli alberi presso il lago. Nessuno le credette, fino a quando gli avvistamenti della fanciulla non diventarono più frequenti. 
Il lago venne svuotato e riempito di terra. Ci vollero molti soldi e tempo, ma alla fine le morti cessarono e di Molly non si ebbero più notizie."

La storia mi affascinava tanto anche perché Nonna Louise sosteneva che la nostra casa fosse stata costruita proprio nel punto esatto in cui un tempo si trovava il lago.

Era l'estate del 1989 e io avevo 19 anni. Ci ritrovammo come sempre nella nostra casa. Il caldo quell'anno era insostenibile ed era un fatto eccezionale per l'Inghilterra.
Una notte non riuscivo a prendere sonno e mi andai a sedere sotto il portico. Guardavo le stelle e mi lasciavo rinfrescare un po' dalla leggera brezza notturna, quando sentii un rumore costante arrivare dall'interno. Sembrava ci fosse qualcosa che grattava contro le pareti. 
Rimasi qualche istante in ascolto e poi entrai. Seguii il suono e arrivai alla porta del seminterrato. Mi chiesi se fosse il caso di scendere a guardare o se sarebbe stato opportuno chiamare qualcuno. In quel preciso istante il rumore si interruppe e io ne fui sollevata. Tornai a letto, ma non chiusi occhio. 
La notte seguente mi addormentai subito finché il rumore della notte precedente non mi svegliò. Questa volta era più forte. Mi alzai e notai che mia sorella non era nel suo letto. Corsi fuori dalla stanza per cercarla, ma nulla. Il rumore si fece insistente. Andai a chiamare mio padre e quando questo si alzò il rumore cessò.
Svegliammo tutti gli adulti della casa e insieme cercammo Jackie. Ma nulla, era sparita.
Poco tempo dopo arrivò la polizia che ci interrogò tutti. Cominciarono le ricerche nei boschi. Eravamo tutti distrutti. Ci dissero di restare in casa, nel caso in cui mia sorella avesse fatto ritorno.
Due notti passarono senza che sentissi alcun rumore. Mamma e papà restavano in piedi sotto il portico in attesa di Jackie. I miei zii giravano per i boschi invocando il suo nome. Eravamo disperati.
La terza notte riposammo tutti. Ma io fui svegliata ancora dal rumore. Aprii gli occhi e con orrore mi accorsi che anche mia cugina non c'era più. Corsi a chiamare gli altri, ma non c'era più nessuno. Il rumore era fortissimo. Chiamai a gran voce mia madre e poi mio padre. 
Mi precipitai fuori sperando di trovarli in giardino, ma non erano nemmeno lì. Mi decisi ad affrontare il rumore. Scesi nel seminterrato e in un angolo vidi una ragazza girata di spalle che con le unghie graffiava il muro. rimasi impietrita. D'un tratto cessò di fare quel che stava facendo e rimase anch'essa immobile.
Poi si voltò e mi venne incontro. Ci guardammo e io capii che era Molly. Il buio avvolse la stanza e io la sentii entrarmi dentro. Svenni.

Mi risvegliai in ospedale. Poco dopo aver aperto gli occhi alcuni poliziotti entrarono nella mia stanza e mi posero alcune domande. Non capivo. Mi dissroe che erano tutti morti, sgozzati nel sonno e che mia sorella era stata ritrovata senza vita in un fosso nel bosco.
Urlai che sapevo chi era stato. Gli parlai di Molly e dei rumori e di tutto.

Ma la verità era un'altra, dissero.

Sono passati 23 anni e finalmente ho il coraggio di ammettere quello che ho fatto. 
Il caldo di quella estate ha confuso la mia giovane mente e i racconti mi hanno suggestionata al punto da diventare io stessa Molly. Ho ammazzato tutta la mia famiglia a sangue freddo.

Questo è quello che mi hanno fatto scrivere su un foglio che ho poi firmato. Io invece Molly continuo a sentirla muoversi intorno a me, ovunque vada. So che è qui e che sarà per sempre con me.

lunedì 21 maggio 2012

Amore/Odio

-Ti ho temuto, poi amato, poi temuto ancora e poi non ti ho più lasciato.
Volevi portarmi via tutto e io te lo lasciavo fare, ribellandomi un po', ma per finta. Solo per conservare un briciolo di dignità, il giusto per guardarmi allo specchio.
Mi hai ridotto in uno straccio, utile solo per lavare pavimenti luridi al tuo passaggio.
Ma io ti ho amato e tanto. E tu mi sorridevi e io sapevo che quel sorriso era tutto meno che un sorriso pietoso.
Mi hai picchiata, spinta, umiliata. Mi hai sputato addosso e mi hai costretto a prostituirmi con i tuoi amici. E che amici. E io in silenzio ho sempre fatto tutto quello che desideravi, mendicando una carezza o una parola gentile.

Sono passati gli anni e non me ne sono mai andata. Ti amavo, te lo avevo detto? te lo ripeto, ti amavo. E tu? Si, anche tu, in un modo malato mi amavi. Ma in te di umano c'era talmente poco, che ti era impossibile comprendere come si trattano le persone amate.

Siamo rimasti in questa stanza per troppo tempo. L'odore inizia a diventare pensante. Per me è quasi insostenibile il pensiero di passare ancora una notte qui con te, su questo letto.
Il silenzio mi piace, ma il tuo aspetto è ora così osceno, che i miei occhi talvolta rifiutano di guardarti.
Vedi, se solo avessi trovato un po' di calore nel tuo cuore. Se solo mi avessi rispettata un po' di più. Saremmo stati felici, sai? Non avrei dovuto fare tutto questo. Ti ho amato tanto, mio carnefice.
Ma...si, via, mi dispiace. Vieni qui, tra le mie braccia. Lasciati stringere.
E no, non mi importa se dovrò gettare i miei abiti dopo averti stretto. Li brucerò...con te.
Puzzi di merda, sai? E' un odore che ti si addice. E anche il puzzo di piscio e del vomito sono proprio i tuoi.
So che sei stanco, sfinito, ma è quasi finita. Vieni, alzati , andiamo in bagno.
Entra nella vasca, ti aiuto io.
Ti ho amato, tanto, tantissimo.-


Rumore di motosega, grida sommesse. buio.

martedì 15 maggio 2012

Il Giorno della mia morte


Siamo foglie al vento, gocce di pioggia che si perdono del mare, piccole barchette in balia delle onde. Siamo legati alla vita con un filo sottilissimo, come quelli che si usano per cucire.



Era una splendida serata d'estate. Me ne stavo seduta sul dondolo in giardino, guardavo le stelle mentre sorseggiavo una birra fresca. Amavo la mia vita solitaria, circondata dalla natura, lontana dalla vita frenetica della città.Un venticello fresco mi sfiorava il viso e tutto era perfetto. Poi mi volta e lo vidi.
 Se ne stava lì in piedi vicino la porta-finestra. Capii immediatamente che non avrei più rivisto la luce del giorno. Rimasi lì seduta a guardarlo mentre si avvicinava. Non mi mossi. Buttai giù un altro sorso di birra e poggia la bottiglia sul tavolino che avevo di fianco. 
Lui si avvicinava lentamente, come la morte che arriva piano. Aveva indosso un lungo impermeabile nero e un sorriso amaro. 
Quando mi fu vicino, si accomodò sul dondolo e senza dire una parola, posò una mano sulla mia spalla.Ci guardammo come fossimo due innamorati nel momento dell'addio. Poi lui tirò fuori da una tasca un pugnale e me lo mostrò. Io abbassai lo sguardo e mi portai una mano alla bocca. Ho sempre avuto il vizio di mordicchiarmi le unghie quando sono nervosa.
Passarono minuti interminabili prima che lui mi colpisse all'addome con il pugnale. Un colpo secco, deciso, ma privo di odio. Mentre continuava ad estrarre e ad affondare ancora la lama, continuava a tenere la mano sulla mia spalla. Non ricordo un dolore particolarmente forte. Non ricordo di aver pianto. 
Tornai a guardarlo negli occhi, quasi cercassi una rassicurazione. E in effetti così fu. Il suo sguardo, caldo e intenso, mi aiutò a sopportare quel momento terribile. Il sangue sgorgava copioso e io iniziavo a perdere le forze. 
Mi accasciai su di lui, che mi tenne stretta tra le sue braccia. Chiusi gli occhi e fu in quel momento che lui si tagliò una mano e mi fece bere il suo sangue.



Mi risvegliai tra le sue braccia qualche ora dopo. Se non fosse stato lì avrei pensato ad un brutto incubo. Ma quello che mi disse non appena mi riebbi, spazzò via ogni ombra di dubbio



-Ti ho scelta anni fa. Sarai la mia sposa per  l'eternità.



Voi ci credete alle creature immortali? Quelle di cui si parla nei film horror? Beh, io non ci ho creduto finché non ho visto la mia pelle bruciare sotto i raggi del sole. Spero per voi non dobbiate mai scoprire se NOI siamo reali o meno.

venerdì 30 marzo 2012

The Last Love

A Sophie non mancava nulla. Carina, brillante, simpatica, intelligente e circondata da molti amici e da una splendida famiglia.
Unica pecca era che la povera fanciulla non era mai riuscita a trovare il famoso Amore, quello con la A maiuscola.
Ma la cosa non l'aveva mai turbata troppo. Single incallita, si divertiva a passare le sue serate tra amici e partner occasionali.

Venne un giorno in cui, passeggiando per le vie affollate di Roma, scorse tra i passanti un uomo che la colpì profondamente.
Il giovane inizialmente non parve ricambiare lo sguardo, ma Sophie, testarda per natura, si diede al suo "inseguimento".
Le sue amiche, un po' scettiche, la seguirono. Era la prima volta che Sophie si lasciava colpire così da un uomo.
Raggiunse il ragazzo e , fingendo di inciampare, si aggrappò al suo braccio. I due si guardarono negli occhi per diversi secondi. Era immediatamente nata una sorta di complicità inspiegabile.
Le amiche della ragazza si avvicinarono incuriosite e immediatamente parve che intorno ai due si fosse creata una bolla trasparente che li aveva isolati dal resto dell'umanità.

Inutile raccontarvi cosa accadde immediatamente dopo. I due risero e parlarono per diverso tempo e decisero di rivedersi quanto prima.
Qualche settimana dopo erano già andati a vivere insieme. Innamoratissimi, persi l'uno negli occhi dell'altra.

Passarono giorni, settimane e mesi e Sophie era sempre più innamorata.
Una notte però la ragazza si svegliò con un forte dolore al petto. Urlò, svegliando così il suo compagno.
Lui la confortò, le disse che sicuramente era stato solo un brutto sogno a farla stare male e la spinse a tornare a dormire.
Quando Sophie si svegliò, lui non c'era più. Tutte le sue cose, dal computer ai calzini, erano sparite. Sembrava quasi che nessuno avesse mai condiviso la casa con lei.
Lo cercò ovunque. Chiamò amici su amici, ma nessuno sapeva niente.

Dopo diversi giorni, finalmente, Sophie trovò sul fondo di un cassetto una lettera che recava scritte queste parole :
"Cara Sophie,
Hai vissuto la tua vita saltando da una relazione all'altra. Hai dato sollievo solo alla carne e mai al tuo cuore.
Io ho portato via con me un'importante parte di te. Dal momento in cui me ne sarò andato in poi, non potrai provare altri sentimenti. L'unica emozione che ti è concessa di provare da qui alla tua morte, è il dolore. Il dolore per avermi perso. Io non tornerò mai più e tu soffrirai per sempre per questa ragione"

Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime. Strappò la lettera e si mise a letto.
Pianse tutta la notte ed il giorno seguente. Pianse mentre studiava, mentre era dal parrucchiere, mentre guidava e persino al compleanno di sua nipote.
Nulla le dava più gioia.
Smise di mangiare, di bere, di uscire e di fare tutte le cose che amava fare un tempo.

Un pomeriggio di primavera il dolore fu tale che Sophie si lasciò cadere giù dal terrazzo.
Rimase agonizzante per la strada con ossa fratturate che avevano lacerato la carne ed una forte commozione cerebrale. Morì mentre la portavano in ospedale.

Il giorno dopo la sua sepoltura, sulla sua tomba, venne rinvenuta una scatola.
Nell'aprirla la madre ebbe un mancamento.
Nella scatola giaceva un cuore umano.

martedì 17 gennaio 2012

Missing you.

""La tua assenza aveva generato in me un senso di angoscia.
Avevo supplito a tale mancanza iniziando a fare tutto quello che avresti fatto tu.
Per esempio ascoltavo la musica che piaceva a te e mi dedicavo alle attività fisiche che prediligevi tu.
Comincia anche a toccarmi regolarmente, come ero certa avresti fatto tu.
Oggi però non mi basta. Oggi devo fare anche quello che ti riesce meglio."

Prende un coltello.

"Mi strapperò via il cuore e saremo finalmente in piena simbiosi"

Con una forza ed un coraggio che di umano ha poco, taglia via la carne e spezza le ossa che ha intorno al cuore. Con le mani asporta la zona recisa. Il dolore la sta raggiungendo. Così, con le ultime forze che ha, afferra il cuore e e se lo stacca dal petto.

fine.

La Filastrocca di Katerina

Questa è la storia di Katerina
Una bambina bella e piccolina.
Katerina amava disegnare
E da sua madre lo imparava a fare.
Katerina credeva negli elfi
Orecchie lunghe e nasi stretti.
Un giorno, mentre era intenta a disegnare
Alla finestra sentì bussare.
Verso di questa guardò
E un elfo si palesò.
Katerina per l'emozione
Urlò per avvertire il genitore
Ma l'elfo la finestra spaccò
E Katerina con se via portò.
Sotto terra la recò
E lì a pezzi la taglio.
Poi in tavola la portò
E con tutti gli altri elfi la mangiò.
Di Katerina nulla rimase
Se non un disegno e l'odore di brace.

martedì 10 gennaio 2012

Qualcuno nel buio

C'è qualcuno che mi spia nel buio. Sento il suo respiro vicino al mio letto, ma non ho il coraggio di guardare.

Tutto è iniziato tre mesi fa quando, un pomeriggio, ho sentito qualcuno muoversi nel corridoio. Ero sola in casa e quindi non poteva essere né mia madre né mia sorella.
Non gli diedi molto peso all'epoca.
Una notte però i rumori si fecero più forti. il mio cane terrorizzato si era nascosto sotto la poltrona e io avevo preso coraggio e mi ero avventurata nel corridoio, accendendo tutte le luci.
Arrivata all'ingresso, avevo visto un ombra muoversi dietro la porta a vetri del salotto e, dopo essermi armata di un coltello da cucina, ero entrata lentamente nella stanza.
Nulla.
Mi ero così convinta di aver avuto un'allucinazione causata dalla suggestione del momento.
Era passato qualche giorno quando mi era sembrato di udire qualcuno che bussava alla porta della mia stanza. Ero rimasta in silenzio per qualche minuto e poi lo avevo sentito ancora.
Il sangue mi si gelò nelle vene, il terrore mi immobilizzò. Il cane sempre più spaventato si era rifugiato sotto la scrivania, tra le mie gambe .
Chiamai la mia migliore amica, implorandola di venire qui da me . E lei venne .
Parlammo un po', poi lei mi chiese di usare il bagno.
La sentii urlare e quando uscii dalla mia stanza lei era scappata.
la chiamai diverse volte, ma non rispose. Si limitò a mandarmi un'email in cui mi comunicava che non sarebbe tornata da me e che non voleva io la cercassi mai più. L'email terminava con una strana frase "Prego Dio che tu non debba mai vedere quello che ho visto io". Dico strana perché lei, come me, era atea convinta e il pregare Dio non rientrava tra le sue abitudini. E poi..cos'è che aveva visto?
Cercai di contattarla, ma niente . Qualche giorno più tardi mi chiamò sua madre dicendomi che Alexis si era tolta la vita lasciando un biglietto che recitava queste parole "Quando scopri cosa c'è nel buio la tua vita è distrutta. Mi dispiace, ma non posso continuare a vivere nel terrore".
Cominciai a dormire di giorno e a studiare di notte. Ero del tutto sfasata. Mia madre mi portò da uno psicologo attribuendo il tutto ad un trauma causato dalla morte di Alexis.
Io non facevo parola a nessuno riguardo la storia dei rumori.

Passarono dieci giorni di relativa quiete e una notte tornai a dormire .Verso le 3 del mattino mi svegliai sentendo un fortissimo gelo pervadermi il corpo. Accesi la luce e vidi la poltrona vicino al mio letto, girata nella mia direzione.
Mi alzai di scatto e corsi a svegliare mia sorella. Non mi diede ascolto e mi rimandò in camera mia lamentandosi per il fatto che l'avessi svegliata immotivatamente.
Il giorno dopo trovai il mio cane morto nella sua cuccia. Occhi sbarrati. Il veterinario disse che il suo piccolo cuoricino si era fermato di colpo. Per loro fu un tragico attacco di cuore, per me era morta di spavento.
Ripresi i miei folli ritmi.
Una notte, mentre studiavo, con la coda dell'occhio vidi qualcosa nello specchio. Un viso, mi parve. guardai allora con attenzione e lo vidi. Un viso pallido mi fissava da un angolo dello specchio. Istintivamente afferrai il porta penne di ceramica che avevo sulla scrivania e lo scaraventai contro di esso.
Lo ruppi in mille pezzi e il rumore fu tale da svegliare mia madre.
Lei corse nella mia stanza e mi trovò in stato confusionale.
Il giorno dopo parlò con mio padre e insieme decisero che era il caso di farmi dare un aiuto serio. Con l'aiuto del mio dottore, mi fecero internare in una casa di cura, senza ascoltare le mie ragioni. Mi ero decisa a raccontare la verità, ma nessuno mi credeva.
Le nottate nella casa di cura erano così lunghe ed estenuanti. Mi obbligavano a stare al buio e io lo sentivo strisciarmi vicino.
Tentai di togliermi la vita impiccandomi con il lenzuolo, ma mi salvarono in tempo.

Stanotte però è diversa. Sento che mi sta per prendere. E' così vicino da sentire il suo respiro sul mio viso. So che se tendessi la mano potrei addirittura toccarlo.
Tengo gli occhi ben chiusi, sperando di essere davvero pazza come gli altri credono.
E' qui, è sopra di me. Sopra di me..



Un urlo squarcia la notte. Gli infermieri di turno corrono nella stanza e non trovano nessuno. Lui l'ha presa.

lunedì 9 gennaio 2012

L'antro

Tutto è buio intorno a me. Respiro a fatica, ho l'affanno. Tremo. Ho paura.
Non so né come né quando sono arrivata qui. I miei ultimi ricordi si fermano alla cena con Celine e Martine, in quel bel ristorante in Rue Jean Lanette.
Non devo perdere lucidità. Mi chiamo Virginie Carrot, ho 27 anni e vivo a Bordeaux. Mio padre si chiama Roger e mia madre Justine. Ho due sorelle, Veronique e Annette.
Bene, sono ancora abbastanza presente.
La testa mi fa molto male, devono avermi colpita.
Il buio è così intenso che gli occhi fanno fatica ad abituarsi. Cammino seguendo la parete, gelida e umida. Non credo di essere in una casa, non so.
-C'è nessuno?! aiutatemi!!!-
C'è qualcuno! Una donna, pare.
- Si! sono qui, sono qui!!! Chi sei? dove sei?? è troppo buio, non vedo nulla!-
Non risponde. Mio Dio, sto morendo di paura.
Mi fermo in attesa di risposta.
-Sono qui, in un angolo. Tu chi sei?! Mi hai portata tu qui?? Ti prego dimmi cosa vuoi!-
-No! Anche io non so dove diavolo ci troviamo!!! Resta ferma dove sei che ti vengo a cercare.-
Cammino seguendo il suono del suo pianto misto a grida.
C'è un odore insopportabile. Voglio uscire di qui.
D'un tratto non sento più nulla.
-Continua a fare rumore!! Non ti trovo.-
Nulla.
- Ti prego..aiutami a trovarti. Parlami.-
- Sono qui! Sono qui! Vieni, ti prego-
E' vicina, la sento più forte.
Ora tutto tace. L'odore è sempre più forte man mano che mi avvicino.
-Dove sei?!-
-Sono qui...- bisbiglia lei.
Un brivido mi percorre interamente la schiena. Perché ora bisbiglia?
Mi fermo. Sento il suo respiro. E' qui.
-Ehi...ti sento respirare..-
Poi d'un tratto ecco accendersi una candela nell'angolo. La vedo nella penombra, rannicchiata in un angolo con la candela ai piedi.
Mi avvicino, forse è svenuta per la paura.
Cammino verso di lei, sono a pochi passi quando la donna si gira.
Mi fissa con quegli occhi vuoti e la bocca socchiusa. Gattona verso di me, spaventandomi a morte. Corro nell'angolo, prendo la candela e quando mi volto lei è alle mie spalle, in piedi. Non si muove.
Tremando, sollevo la candela per illuminarle il viso. La bocca è sporca di sangue, gli occhi neri come il fondo dell'inferno. Le sue mani si sollevano e mi afferrano il collo.
Il suo gioco perverso di fingersi vittima l'ha sicuramente divertita, perché ora ride.
Mi spinge contro il muro e a me manca il respiro.
E' sopra di me. Mi afferra la testa e la sbatte contro la parete. Non riesco più a muovermi..
Si allontana e torna da me qualche istante dopo con in mano una pietra appuntita. Me la pianta nell'addome e comincia a mangiare la mia carne.
La mia mente si offusca..non riesco più a pensare...buio.

mercoledì 4 gennaio 2012

Revenge

Un pomeriggio come tanti altri. Una stanza arredata secondo il gusto di una ragazza appassionata di horror. Migliaia di libri, dvd e oggetti richiamanti personaggi celebri protagonisti dei migliori film dell'orrore.
Lei indossa una felpa con un cappuccio che le copre la testa.Ogni tanto tira su la testa dal libro e scruta fuori dalla finestra.
Vive da sola al quinto piano di una vecchia palazzina. Ci sono pochi inquilini, tutti molto silenziosi. Lei è la più giovane.
Legge qualche altra pagina e torna a guardare fuori dalla finestra. D'improvviso la luce dell'appartamento di fronte si accende. La ragazza si alza in piedi e corre verso la finestra, nascondendosi in parte dietro la tenda. Fissa la finestra dell'appartamento di fronte mangiucchiandosi le unghie. Dopo qualche istante appare lui. La ragazza sussulta e si morde le labbra. Corre verso la scrivania e da un cassetto tira fuori una macchina fotografica. Si dirige ancora alla finestra e gli scatta diverse foto. Lui non sembra accorgersene ma comunque chiude le tende, quasi sentisse intimamente di essere spiato.
La ragazza torna alla scrivania e riprende a leggere. Una lacrima percorre le attraversa una guancia.

La stessa scena si ripete per i giorni a seguire. La ragazza non abbandona mai il suo cappuccio e non permette a nessuno di vederla in viso.
Un giorno suonano alla porta. A piedi nudi corre. Apre quel poco che basta per afferrare la scatola che l'uomo delle consegne le ha portato. Chiude senza nemmeno salutare e torna in camera sua.
Sono le 18 esatte e lui è tornato a casa. Si spoglia e va verso la doccia (o almeno lei immagina).

Nel frattempo la nostra amica ha indossato un paio di scarpe e messo il contenuto della scatola nella borsa. Controlla ancora dalla finestra. Lui è sempre in bagno.
Corre alla porta, scende le scale ed esce dal portone. Attraversa la strada e si infila nel portone di fronte. sale le scale ed è al quinto piano. Bussa alla porta che si trova davanti e nel frattempo rovista nella borsa. Tira fuori un fazzoletto e una bottiglietta contenente un liquido che non saprei distinguere. impregna il fazzoletto con quel liquido e resta in attesa. La porta si apre e c'è lui, bellissimo con l'asciugamano in vita. La guarda incuriosito per l'insolito abbigliamento. Lei tira su la testa e scosta il cappuccio. Lui indietreggia inorridito e lei gli balza addosso premendogli il fazzoletto imbevuto contro naso e bocca.

Passano due ore prima che lui si svegli e si accorga di essere legato al letto. Lei gli sta seduta sulla pancia a cavalcioni. Lo fissa paziente attendendo che si desti.
Quando lui apre gli occhi quasi non sviene per la rinnovata visione. Su di lui è seduto un mostro. Una donna (pare) i cui tratti sono stati resi impossibili da riconoscere per non si sa quale assurda ragione.
La testa rasata e gonfia da un lato, le labbra inesistenti, il naso piegato da un lato e gli occhi neri come la pece.
Interminabili sono i secondi che passano prima che lei si decida a fare qualcosa.
Passa la sua mano gelida sul corpo nudo di lui. Si alza e si sfila i vestiti. scende tra le gambe del poveretto e comincia a praticargli del sesso orale. Quando il pene di lui è finalmente eretto, gli monta sopra e fa sesso con lui.
L'uomo nel frattempo si vomita addosso per quanto la situazione gli fa schifo. Piange. Grida.
Lei si volta di spalle e lui capisce. Vede quel tatuaggio inconfondibile. Le resta immobile e aspetta che lui dica qualcosa.
Restano in silenzio.
Lei si volta e lo guarda fisso negli occhi.
Lui prende coraggio "Ho capito chi sei. Io..Io...pensavo fossi morta. Perdonami."
Lei abbassa lo sguardo e scuote la testa lentamente.
Va di nuovo verso la borsa e prende due cose. Una di queste è una lettera. Libera una mano all'uomo e gliela consegna.
Lui legge "Ti ho amato più di quanto non abbia mai amato me stessa. Mi hai lasciato a morire dopo quell'incidente maledetto. Sei scappato perché avevi guidato in stato di ebrezza. Avevi paura..e io? Qualcuno però ha visto tutto e ha chiamato un'ambulanza e così, mi sono salvata. Tu non ti sei mai preoccupato di che fine avessi fatto. Ti sei trasferito qui e sei stato di nuovo felice. Io per un po' ho creduto che venire a vivere di fronte a te mi avrebbe fatto sentire meglio. Ti ho scattato tante foto perché ti ho continuato ad amare nonostante tutto. Un giorno però ho compreso che l'unica cosa in tutto il mondo che mi avrebbe dato sollievo, sarebbe stato ucciderti. Ed eccomi qua.. Tu hai preso la mia vita e io ora mi prendo la tua."

L'uomo sa che non ci sarà compassione per lui. Non la guarda. Stringe la lettera nel pugno e chiude gli occhi.
Lei lo accarezza e poi gli versa dell'acido addosso. Parte dal viso per poi scendere e versarne in quantità maggiore nelle parti intime. Lui si dimena. Il dolore è lancinante. Lei va in cucina e torna con una piccola mannaia. Gli taglia i piedi, le mani e lo lascia lì senza sapere se è ancora vivo o se il supplizio è già terminato.
Ora è di fronte alla finestra spalancata. resta lì immobile per qualche istante lasciandosi accarezzare dal vento. Poi sale sul davanzale e si lancia giù.
Finalmente può morire in pace.

martedì 3 gennaio 2012

Collezionismo


Questa dannata mania di collezionare tutto l'aveva portata sull'orlo del baratro svariate volte.
Ogni volta che terminava una collezione, si ritrovava a vagare per l'immensa casa in cerca di una nuova ispirazione.
Viveva da sola in quel maniero così isolato dal resto della civiltà. Metri e metri di casa, giardino e sotterranei.
Da dove arrivasse nessuno lo sapeva. Hanna era sola e ricchissima. Quindi perché stupirsi per la sua mania di voler riempire la casa di oggetti inutili?
Una notte era rincasata in compagnia di un bellissimo ragazzo. biondo, occhi azzurri, barba incolta, alto e slanciato : il più bello che avesse mai conosciuto. Questo era un viaggiatore, senza dimora fissa. Così Hanna si era offerta di dargli ospitalità per la notte e lui aveva accettato, essendo lei molto bella.


Il ragazzo entrato in casa rimase incantato (o inorridito?) di fronte alle pareti ricoperte da scaffali strabordanti di oggetti. prendeva tutto in mano per l'immensa curiosità e questo dava fortemente sui nervi ad Hanna, che era gelosissima delle sue cose.


Passato questo primo momento di tensione, Hanna invitò l'uomo a tavola. Meredith, la governante, aveva preparato la cena per entrambi. Così cenarono, in silenzio. Hanna non era una che parlava molto e al ragazzo non dispiaceva, perché probabilmente erano talmente diversi che qualsiasi argomento di conversazione sarebbe stato quello sbagliato.
Lei alzava gli occhi di tanto in tanto e lo osservava consumare voracemente il suo pasto. Chissà da quanto non mangiava così bene. Lui invece si limitava a fissarle il seno così prorompente. Lei se ne accorgeva e pensava "Tranquillo..mangia con calma, presto sarà tuo".


La cena terminò, Meredith raccolse i piatti e sparì in cucina. I due si spostarono nel bellissimo salotto, anche questo invaso da mille oggetti tutti disposti in un ordine maniacale. Scambiarono due parole sul tempo e sui loro film preferiti e poi lei si alzò e lasciò scivolare a terra il suo abitino di cotone. Sotto non aveva sorprendentemente nulla. Lui si alzò a su volta e la cinse. Scoparono sul pavimento, con gran foga e passione. Al termine del rapporto i due si ritrovarono sdraiati supini, uno di fianco all'altro. Hanna fissava quel bellissimo ragazzo così vuoto lì sdraiato e d'improvviso provò un odio profondo per lui. Si alzò all'improvviso, afferrò uno dei coltelli che collezionava e lo colpi con ferocia. L'uomo urlò e tentò di alzarsi. Lei lo colpì ancora in viso, perforandogli una guancia. Lui urlava e lei continuava a colpirlo ancora ed ancora.
Quando tornò lucida, lui giaceva in una pozza di sangue, esanime. Hanna trascinò il corpo straziato giù nei sotterranei e poi andò a mettersi a letto.I giorni passavano e il corpo marciva. Un giorno la donna si trovava nel sotterraneo a guardare quel corpo sfiorire quando un brivido di follia le percorse gli occhi. Aveva trovato la sua nuova collezione.


Da quel giorno in poi Hanna uscì più spesso e il più delle volte tornava a casa con un uomo biondo e con gli occhi azzurri. Passava molto tempo nei sotterranei ed era sempre sorridente. Aveva comprato un sacco di scatole giganti di plexiglass e non le importava quanto questo le costava.
Finalmente aveva trovato una collezione che non avrebbe mai avuto termine. No, mai..perché finché non sarebbe morta, ci sarebbe sempre stato un uomo da ammazzare e da aggiungere alla sua collezione.

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